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Documenti emanati dai dicasteri e da altri organismi della Curia Romana e della Santa Sede durante il pontificato di Benedetto XVI

Ultimo Aggiornamento: 25/02/2013 19:30
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03/06/2009 21:29
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Dal blog di Lella...

A colloquio con il cardinale Cláudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero

Il sacerdote nell'era del digitale

di Mario Ponzi

Il manuale per l'uso di windows accanto alla Summa teologica di san Tommaso d'Aquino; la rete telematica al posto di quella dell'apostolo Pietro, il pescatore; in discoteca con il saio; sul palcoscenico con l'abito talare, in spiaggia sotto il tendone-chiesa... Cambia il volto del sacerdote dell'era del digitale.
Dottore in teologia dogmatica ed esperto conoscitore delle nuove tecnologie, avvicina l'uomo del digitale navigando accanto a lui nel grande mare della comunicazione. È pronto a favorire l'incontro personale dei giovani con Cristo, seguendoli nella loro quotidianità, dunque - se concordato con il vescovo e nell'ambito di un preciso progetto pastorale - anche dove si incontrano per ballare. Usa il linguaggio della musica pur di lasciare una traccia nel cuore di chi l'ascolta. Porta l'Eucaristia anche in mezzo ai pigri dell'estate, pur di non farli allontanare dalla mensa, neppure per un breve periodo.
Soprattutto, però, prega. Anzi sa di dover pregare intensamente se vuole veramente portare Cristo all'uomo e l'uomo a Cristo. Dunque cambia il volto del sacerdote, non la missione.
Ne è convinto il cardinale brasiliano Cláudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero. È consapevole della necessità di un passaggio culturale decisivo per dare nuovo slancio alla missione del sacerdote, che resta quella di favorire, oltreché la conoscenza del Vangelo, in tutto il mondo, l'incontro personale di ciascuno con il Cristo. "Questo - dice il cardinale iniziando un lungo e cordiale colloquio con "L'Osservatore Romano" nel quale tocca numerosi e interessanti argomenti riguardanti la vita del sacerdote oggi - è quanto raccomanda Benedetto XVI dal primo giorno del suo Pontificato. E questo è quello che deve fare il sacerdote, con qualsiasi mezzo e in qualsiasi modo possibile. Del resto il Papa per primo ha reso testimonianza dell'importanza di essere presente ovunque l'uomo si incontra, nella quotidianità della sua esistenza".
Il cardinale si riferisce alla decisione presa dal Papa di essere presente nella rete per un dialogo ravvicinato con i frequentatori del digitale, e a quella, ancor più avveniristica, di entrare nel mondo di facebook.
Novità sulle quali molto probabilmente si rifletterà e ci si confronterà proprio durante l'anno sacerdotale che, voluto da Benedetto XVI, si inaugurerà, come è noto, il prossimo 19 giugno. "Un'intuizione meravigliosa e lungimirante. Si tratta di un dono - sottolinea il cardinale - che il Papa fa alla Chiesa e al sacerdote. E, sono sicuro, non sarà un anno celebrativo del sacerdozio. Sarà piuttosto un anno propositivo".
In realtà l'iniziativa del Pontefice cade in un momento molto particolare della storia e della vita della Chiesa. Chiamata a confrontarsi con la società postmoderna, segnata da una, a volte esagerata, esasperazione relativistica e da quella forte ventata laicista che la spinge sempre di più a vivere quasi come se Dio non esistesse, la Chiesa non è stata essa stessa risparmiata dal contagio di un sistema perverso sino all'inverosimile. "I primi a risentirne - afferma in proposito il cardinale - sono stati proprio loro, i sacerdoti.
Ma direi che si tratta di una conseguenza quasi fisiologica, simile a quelle che si registrano in ogni ambito umano quando si verifica un così netto salto culturale e ci si trova improvvisamente immersi in una realtà che ci sorprende. Per questo è molto importante che i sacerdoti sentano il Papa e la Chiesa vicini, preoccuparsi per loro e per la loro condizione".
In effetti negli ultimi anni i sacerdoti hanno sofferto per l'umiliazione subita a causa della debolezza di alcuni di loro. È di questi giorni il clamore suscitato dalla pubblicazione dei risultati di un'inchiesta condotta in Irlanda su quanto accaduto in certi istituti religiosi. "Si è trattato effettivamente - conferma il cardinale - di un periodo molto, molto duro e sofferto. Sofferto anche per la gogna mediatica alla quale sono stati sottoposti indistintamente tutti i sacerdoti, come "categoria", a causa di pochi che si sono macchiati di abusi gravissimi nei confronti di minori. Vorrei ricordare che i preti per primi si sono sentiti profondamente feriti da queste tragedie. Feriti nella loro anima sacerdotale, nella loro paternità spirituale nei confronti di quanti hanno subito violenza; hanno visto lacerata la loro immagine. Ho raccolto tante confidenze di sacerdoti sconfortati e messi in crisi per quanto fatto da altri. Sono certamente delitti gravi, e non solo dal punto di vista penale, ma anche dal punto di vista canonico". Anche se il dramma della pedofilia "non riguarda in modo specifico e esclusivo i sacerdoti - sottolinea il cardinale - ma investe in modo ben più incisivo la società e, purtroppo, soprattutto l'ambito familiare", resta tuttavia "un fatto gravissimo che sia compromesso anche un certo numero di presbiteri. È giusto che paghi chi è colpevole; ma non è giusto che a pagare sia anche quella stragrande maggioranza di preti onesti e zelanti che dedicano la loro vita a servire il gregge che è stato loro affidato. Dobbiamo pregare, lo ripeto, pregare molto per chi sbaglia ma anche per chi deve essere aiutato a riacquistare la propria autostima. E in quest'anno sacerdotale pregheremo tanto con e per i nostri sacerdoti. La Chiesa vuole pregare con e per i suoi sacerdoti, esprimere apprezzamento per loro".
A questo desiderio di attenzione genericamente avvertito tra i presbiteri, soprattutto nel momento in cui sono chiamati ad affrontare sfide quotidiane su versanti diversi, dovrà rispondere l'anno sacerdotale. "È nell'intenzione del Papa - dice il cardinale Hummes - preparare per quest'anno un documento sul sacerdozio. L'obiettivo, ripeto, è quello di far sì che il sacerdote si senta bene nella Chiesa e che ci siano tutte le condizioni per una sana e reale testimonianza in una società che presenta tante sfide da affrontare".
Per questo si punta molto sulla formazione. Discernimento e formazione sono del resto costanti preoccupazioni del Papa.
Anche nel suo recente viaggio in Africa, dinanzi a una Chiesa ricca di vocazioni, Benedetto XVI ha messo in guardia dal considerare la sola quantità come ricchezza.
"Certamente è necessaria un'attenta opera di discernimento nell'ammissione al sacerdozio; se si vuole contare su sacerdoti effettivamente motivati - concorda il cardinale - è necessario fare una selezione rigorosa, molto rigorosa". Anche se non è detto che poi non possano avvenire cambiamenti nella personalità del candidato al sacerdozio, pur rigorosamente selezionato. "È vero - dice il cardinale - e per questo io sostengo la necessità di proseguire nell'opera di discernimento durante tutto il cammino dall'accoglienza sino all'ordinazione.
A questo punto il secondo importantissimo momento è costituito dalla formazione permanente. Significa dare ai consacrati i mezzi, e dunque la possibilità di stare nel mondo che sono chiamati a evangelizzare. Significa aiutarlo a conoscere, a capire e a parlare il linguaggio del mondo per essere ascoltato e compreso". Questo anche se oltre ai libri di teologia, di filosofia morale, di ecclesiologia egli dovrà cominciare a sfogliare e ad approfondire manuali per apprendere l'uso delle nuove tecnologie, indispensabili ormai nell'approccio con la società del digitale. "Ne siamo convinti - dice il cardinale in proposito - al punto che stiamo esaminando la possibilità di introdurne lo studio nei corsi accademici riservati ai seminaristi o ai sacerdoti. Vedremo. L'uso della rete informatica è, del resto, ormai indispensabile se si vuole restare al passo con i tempi".
Ma sarà sufficiente l'esperienza in telematica per restituire al sacerdote il suo ruolo di testimone di Cristo in una società che sembra così lontana dalla dimensione religiosa? "Il problema - dice il cardinale prefetto - forse va invertito: questa società, così caotica e sempre più lontana da Cristo, sarà ancora capace di recepire la testimonianza del sacerdote? Questa è la domanda che dobbiamo porci. Io sono ottimista in questo senso, perché la fede, la nostra fede, ci chiede ottimismo e fiducia. Dunque la fede in Cristo può penetrare in questo contesto società. Ciò vuol dire che è possibile trasmettere e testimoniare la fede in questa come in tutte le altre società. Il sacerdote può e deve essere lo strumento per trasmettere questa fede alla gente del suo tempo. Forse oggi è più difficile che ai nostri tempi. Quel che è certo è che i giovani d'oggi conoscono solo questa società, questa cultura. Hanno sperimentato solo questo. E noi dobbiamo inserirci in questa società per raggiungerli. Certo mi rendo conto di quanto sia difficile. La cultura di oggi è prevalentemente relativistica, dominata da un laicismo a volte feroce contro la Chiesa e contro tutto ciò che la rappresenta; Dio è tenuto lontano, la religione sbeffeggiata. Ma io credo che anche in questa società, che si autodefinisce post-cristiana, sia possibile far conoscere Cristo, favorire l'incontro personale con Cristo. Bisogna cercare qualcosa di diverso dal solo approccio dottrinale e morale. E nell'incontro di ciascuno con Cristo tutto può accadere, anche che l'individuo sia toccato. La dottrina viene in un secondo momento".
Anche per questo servono sacerdoti ben formati. "Sacerdoti - dice il cardinale - che sappiano prima di tutto riconoscere il Cristo accanto a loro, nella loro stessa comunità, e sappiano poi portarlo nel mondo". E questa necessità chiama in gioco la responsabilità dei vescovi nei confronti del loro clero.
"Devono essere proprio i vescovi - conferma il cardinale Hummes - a fare sentire ai sacerdoti la presenza di Cristo accanto a loro. Devono affiancarli, comprenderli, aiutarli a superare situazioni critiche anche sul piano personale. Difficilmente un sacerdote che sente accanto a sé la presenza costante e amorevole del proprio vescovo, si lascia perdere".
Della comunione ecclesiale si parlerà certamente durante l'anno sacerdotale anche nell'ottica della comunità da costruire tra gli uomini. "Il pensiero va soprattutto alle comunità parrocchiali. Vivere e operare in comunione in ambito parrocchiale - spiega il cardinale - aiuta anche a inquadrare in modo più confacente alla famiglia di Dio l'azione dei laici. Il loro ruolo, soprattutto dove la Chiesa soffre per la crisi delle vocazioni sacerdotali, diviene fondamentale per il radicamento del Vangelo".
Un ruolo particolare oggi affidato al laicato cattolico è avvicinare quanti restano un po' al margine della vita della comunità parrocchiale, prima che se ne allontanino definitivamente. "Questo - spiega il cardinale - fa parte della condivisione, con i laici, di quella responsabilità che compete al pastore, chiamato a tenere unito il gregge che gli è affidato e ad andare a cercare le pecorelle che si allontanano e si smarriscono".
Capita però a volte che ad allontanarsi siano proprio alcuni pastori, i sacerdoti stessi. E forse è un po' più difficile per le "pecorelle" inseguire e riportare indietro il pastore. "Questo - spiega il cardinale - è naturalmente compito del vescovo e del suo presbiterio cioè è un compito di tutti gli altri pastori. Non a caso oggi sempre più frequentemente si parla di pastorale presbiterale.
Anzi in molte diocesi già esiste una pastorale presbiterale ben avviata. Destinatari sono naturalmente i singoli sacerdoti, i singoli presbiteri. Si cerca di accompagnare il sacerdote che si trova in difficoltà sia materiale, sia, e direi soprattutto spirituale". Anche quelli che, per motivi diversi, lasciano il sacerdozio devono continuare a essere comunque accompagnati "perché - dice il cardinale - avere problemi che portano a lasciare il ministero non significa necessariamente perdere la propria fede. Ogni giorno ci sono sacerdoti che vengono a espormi i loro casi personali. Raramente è la fede che viene meno. Certo in alcuni casi anche la fede va in crisi, si indebolisce. Ma è proprio in questi casi che diviene più importante la nostra vicinanza, la nostra presenza".
Ci sono situazioni poi in cui pur non venendo meno la fede, viene messo in dubbio il senso del proprio sacerdozio o viene meno la fermezza nel seguire tutto ciò che la missione sacerdotale comporta. "Sono i casi in cui - afferma il cardinale - è la natura dell'uomo a prendere il sopravvento sulla vocazione. Mi riferisco in particolare a quanti lasciano il sacerdozio perché incapaci di restare fedeli al celibato. Si tratta comunque di casi dolorosi. Pur implicando un indebolimento di quella fede robusta che forgia l'anima sacerdotale, non comportano tuttavia la "perdita della fede" tout court. Bisogna dunque anche in questi casi saper discernere. Anzi è forse proprio in momenti simili che c'è maggior bisogno di alimentare una fiammella che si affievolisce. A maggior ragione se in presenza di un consacrato".

(©L'Osservatore Romano - 3 giugno 2009)


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"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
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Recensire Ratzinger

Il Papa maltrattato dai giornali è ormai un best seller mondiale

di Bruno Mastroianni

Perché la popolarità mediatica di Benedetto XVI continua a sembrare malmessa?
Di spiegazioni ne abbiamo trovate tante. Soprattutto in quella sua insistenza sulla verità che suona, a certe orecchie foderate di carta stampata, una mancanza imperdonabile nei confronti del politicamente corretto.
Ma c’è anche altro. Una delle caratteristiche di questo Papa è che per seguirlo occorre prestargli orecchio e attenzione. In perfetta sintonia con il suo carattere gentile, tipico di una persona di cultura che è teologo e anche uomo di Dio, Benedetto esprime i suoi insegnamenti con la pacatezza di chi si affida al valore di ciò che dice.
Senza trucchi o fronzoli per attirare l’attenzione. I suoi discorsi sono inni alla capacità razionale umana: la interpellano, la rispettano, la stimolano. L’interlocutore è lasciato libero di non ascoltare.
Perché la voce di Benedetto, in mezzo a tanti rumori sensazionali che si infrangono tra facili contrapposizioni a caccia di ascoltatori, suona come un sussurro leggero, facilissimo da azzittire. Il Papa non parla mai per fare effetto, ma affronta realmente gli argomenti di fondo: il destino dell’uomo, chi è Dio, il significato dell’esistenza. Sono temi che richiedono un interlocutore disposto all’ascolto. Intanto con più di 130 titoli all’attivo e diversi milioni di copie vendute in tutto il mondo (un anno fa Gesù di Nazaret e le due encicliche viaggiavano complessivamente oltre i 5 milioni), Ratzinger è l’autore spirituale più letto nel mondo. La sua popolarità evidentemente segue altri criteri.

© Copyright Tempi, 3 giugno 2009


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Il professor Ratzinger torna a scuola. Con i bambini

Botta e risposta tra Benedetto XVI e una platea di piccolissimi ascoltatori. È la seconda volta in quattro anni e ha di nuovo funzionato.
Come rivelatore della personalità del papa e della sua sorprendente capacità comunicativa

di Sandro Magister

ROMA, 3 giugno 2009

Lo fa ogni anno con i preti della diocesi di Roma, all'inizio della Quaresima. Lo fa d'estate con i preti delle località in cui va in vacanza. Lo fa con gruppi di giovani.
Lo fa con i giornalisti alla partenza di ogni viaggio.
Il botta e risposta diretto, senza leggere testi prefissati, è una formula che papa Joseph Ratzinger predilige.
L'ha sperimentata quand'era professore. L'affronta tuttora pur conoscendone i rischi. L'ultimo, fragoroso, quello occorsogli quando ha denunciato l'inefficacia del preservativo nel combattere l'AIDS.
Ma con i bambini, fino a pochi giorni fa, Benedetto XVI ci aveva provato una sola volta.
Il botta e risposta era avvenuto in piazza San Pietro, il 15 ottobre del 2005, primo anno del suo pontificato. Gremivano la piazza i bambini di Roma e del Lazio che avevano fatto quell'anno la prima comunione. La loro età era tra gli 8 e i 10 anni.
Le domande furono sette e papa Ratzinger superò l'esame a pieni voti. Conquistò l'attenzione, si fece capire, parlò in mondo semplice eppure profondo.
Inspiegabilmente, però, non replicò simili incontri negli anni successivi. Fino a pochi giorni fa, quando per la seconda volta ha incontrato dei bambini e ha risposto a loro domande.
L'incontro è avvenuto nel pomeriggio di sabato 30 maggio, vigilia di Pentecoste, nell'aula delle udienze, in Vaticano. I bambini, settemila, appartenevano alla Pontificia Opera dell'Infanzia Missionaria.
Le domande sono state questa volta tre. Erano state raccolte in anticipo assieme ad altre, esattamente come avviene per i giornalisti nei viaggi papali.
Una prima selezione la fanno i collaboratori del papa. Ma è Benedetto XVI in persona che fa la cernita finale e sceglie le domande alle quali rispondere.
Dalla trascrizione integrale del botta e risposta – riportata qui sotto – emergono i tratti tipici della personalità dell'attuale pontefice.
L'efficacia nel catturare l'ascolto. La semplicità del linguaggio. La nitidezza delle cose dette. L'ottimismo di fondo. La sincerità.
Chi l'ascolta, intuisce che Benedetto XVI non ha sottintesi. E neppure insinua od accarezza dubbi. Infonde certezze non sue ma che lui per primo mostra d'aver ricevuto dall'alto.
All'opposto dei cliché correnti, papa Ratzinger è un grande comunicatore.
E quando parla con i bambini si produce al meglio.

Dialogo di Benedetto XVI con i bambini della Pontificia Opera dell'Infanzia Missionaria

© Copyright www.chiesa


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«Il prete non è uno psicologo»: arriva il manuale dei nuovi confessori

Andrea Morigi

Contro la crisi dei direttori spirituali

A soli due giorni dalla rivelazione dell’epistolario tra Giovanni Paolo II e Wanda Poltawska, che ritarderebbe la canonizzazione del Pontefice polacco, il suo successore e collaboratore Benedetto XVI compie una mossa in grado di allontanare i sospetti sul legame tra i sacerdoti e i fedeli che si affidano a loro per progredire sulla via della santità.
«Tutto è puro per i puri», scriveva san Paolo al suo discepolo cretese Tito, precisando che tuttavia «per i contaminati e gli infedeli nulla è puro; sono contaminate la loro mente e la loro coscienza».
Lo spiegherà il Vademecum per i confessori e direttori spirituali, di cui ieri il Papa ha autorizzato la pubblicazione: i dialoghi fra le anime si devono svolgere in una dimensione soprannaturale. Spesso, non sempre, è all’interno del sacramento della penitenza di cui il documento, spiega il segretario della Congregazione per il clero, mons. Mauro Piacenza, «dovrebbe aiutare a riscoprire la bellezza». Prima di tutto ai preti, sempre meno attratti dal confessionale.
Così, in occasione dell’Anno Sacerdotale che il Pontefice aprirà in San Pietro il 19 giugno, si intende rispondere alla «profonda crisi», che il sacramento sta attraversando «almeno a livello di numeri».
In generale, osserva l’arcivescovo ai microfoni della Radio Vaticana, «paiono sempre meno le persone che avvertono la differenza chiara tra il bene e il male, tra la verità e la bugia, tra il peccato e la virtù e che, conseguentemente, desiderano accostarsi alla riconciliazione».
In pratica, basta non aver ucciso o rubato e ci si considera già buoni cristiani.
Eppure, «se non si ha il senso del peccato - rileva Piacenza - è difficile ricorrere, ovviamente, alla riconciliazione: allora, la si confonderebbe con il lettino di uno psicologo e di uno psichiatra».
Ad aggravare le difficoltà c’e anche il fatto che «sia a causa della diminuzione del numero dei sacerdoti in un certo numero di Nazioni, sia anche per un malinteso fraintendimento della stessa azione pastorale, non è sempre molto facile trovare un sacerdote disposto ad ascoltare anche per ore le confessioni dei fedeli».
«Con il vademecum - conclude il presule - si vuole dare più entusiasmo e più motivazione verso questo sacramento grondante dell’amore misericordioso del Signore, sia per il sacerdote, sia per il penitente ed eventualmente evidenziare come esso sia in stretta connessione con l’identità stessa del sacerdote che riceve da Cristo il mandato esplicito: “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”». L’assoluzione la concede Dio stesso, non se la inventa la Chiesa, insomma.

© Copyright Libero, 3 giugno 2009


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COMUNICATO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO

Ieri, venerdì 5 giugno 2009, S.A.R. il Principe Saud Al Faisal bin Abdulaziz Al Saud, Ministro degli Affari Esteri dell’Arabia Saudita, ha reso visita, accompagnato da una delegazione, al Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, dove è stato accolto dal Presidente del medesimo Dicastero, l’Em.mo Card. Jean-Louis Tauran, dal Segretario, S.E. Mons. Pier Luigi Celata, dal Sotto-Segretario, il Rev.do Mons. Andrew Vissanu Thanya-anan, e dal Capo Ufficio per l’Islam, il Rev.do Mons. Khaled Akasheh.

Durante l’incontro sono state scambiate idee sul seguito da dare alla nota Conferenza di Madrid (16-18 luglio 2008) che, a iniziativa di S.M. il Re Abdallah bin Abdulaziz Al Saud, aveva riunito capi delle principali religioni del mondo.



12/06/2009 16:41
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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL CONGRESSO 2009: RELIGIOSE IN RETE CONTRO LA TRATTA DELLE PERSONE


Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del "Congresso 2009: Religiose in rete contro la tratta delle persone", organizzato dall’Unione Internazionale Superiore Generali (UISG) e dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), che si terrà a Roma dal 15 al 18 giugno 2009, presso l’Istituto Fratelli delle Scuole Cristiane.
Intervengono alla Conferenza Stampa: il Rev.do P. Eusebio Hernández Sola, O.A.R., Capo Ufficio presso la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica; la Rev.da Sr. Victoria Gonzáles de Castejón, R.S.C.J., Segretaria Generale dell’UISG; la Dott.ssa Carmela Godeau, Vice-Capomissione OIM, Roma; la Rev.da Sr. Bernadette Sangma, FMA; il Dott. Stefano Volpicelli, OIM.
Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:


INTERVENTO DEL REV.DO P. EUSEBIO HERNÁNDEZ SOLA

Dal 15 al 18 giugno si terrà a Roma, in via Aurelia 476, un importante congresso, organizzato dalla Unione Internazionale Superiore Generali e della Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), per studiare e riflettere su "Religiose in rete contro la tratta di persone".

A nome della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica porgo il mio saluto e il saluto di tutto il Dicastero, augurando che la celebrazione di questo Congresso porti frutti auspicati di bene e di progresso. La Chiesa si attende molto, soprattutto dalle donne consacrate, per ottenere un "contributo originale nella promozione della dottrina, dei costumi, della stessa vita familiare e sociale, specialmente in ciò che attiene alla dignità della donna e al rispetto della vita umana" (VC 58).

Questa riunione costituisce il secondo congresso su questo argomento. La finalità è valutare l’attuazione dei contenuti della Dichiarazione Finale dello scorso anno e vedere come mettere a punto un piano di azione condiviso per il futuro.

L’affermazione centrale della Dichiarazione dell’ anno scorso fu:

"Denunciamo che la tratta di persone è un crimine e che essa rappresenta una grave offesa contro la dignità della persona e una seria violazione dei diritti umani".

Il commercio di persone umane costituisce un oltraggio alla dignità umana e una grave violazione dei diritti umani fondamentali. Già il Concilio Vaticano II aveva definito "vergognose" "la schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani" (Gaudium et spes, n. 27).

Il Santo Padre, Benedetto XVI, nel Messaggio per la Giornata della Pace del 2007, ha dato una attenzione particolare alla condizione femminile e ha denunciato la mancanza di rispetto per la dignità della donna, lo sfruttamento, la discriminazione e le violenze contro le donne sotto varie forme.

La nostra Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica ha studiato questo argomento in un incontro del "Consiglio dei 16", già nel gennaio 2006. Il problema della "tratta degli esseri umani " costituisce una nuova forma di schiavitù del ventunesimo secolo, che lede la dignità e la libertà di tante donne e minori, ma oggi anche giovani e uomini, provenienti per lo più da Paesi poveri.

Durante il congresso sicuramente emergerà il dramma crudo e umiliante di tante donne vittime di sfruttamento e il ruolo di tante religiose che, fedeli ai propri carismi di fondazione, hanno saputo rischiare e rispondere con coraggio a questa nuova sfida.

Negli Orientamenti per la pastorale della strada del Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti venivano specificamente responsabilizzate le Conferenze di superiori maggiori dei religiosi per scegliere persone che fungessero da elemento di collegamento della rete operante all’intero o all’esterno del proprio Paese

L’Unione delle Superiore Maggiori delle Religiose di Italia (USMI) è da tempo attiva nel coinvolgere tante religiose e ha sollecitato la creazione di case di accoglienza per queste ragazze. Sarà importante trovare ora i modi per rafforzare e allargare questa rete di conoscenze, di intervento e collaborazione; in particolare è importante consolidare il lavoro in rete tra paesi di origine, transito e destinazione.

Penso, anche, che questa urgente sfida richieda una preparazione e un coinvolgimento maggiore del personale ecclesiastico e religioso nelle varie sfere della vita parrocchiale, familiare e sociale. C’è bisogno di lavorare molto alla formazione dei giovani nelle scuole e nelle Parrocchie per costruire in loro il valore del rispetto della persona, la cui dignità non può mai essere mercificata. La repressione e la punizione non servono se non si formano le coscienze ai valori veri, umani e cristiani.

Queste nuove forme di povertà ci ricordano che la vita religiosa è chiamata, per vocazione, a svolgere un ruolo profetico nella società e nella chiesa d’oggi. Una nuova fantasia della carità deve portare la vita consacrata sulle nuove frontiere dell’evangelizzazione, delle nuove forme di povertà, e tra le più gravi la perdita della propria dignità.

Non posso terminare questo mio breve intervento senza un particolare pensiero di affetto e di ringraziamento a quanti operano in questo delicato e difficile campo di apostolato. Il mio pensiero va soprattutto a tutte le donne consacrate che, avendo fatto la scelta irrevocabile di "amare Dio sopra ogni cosa", si curvano misericordiose verso i fratelli e sorelle più sofferenti ed infelici, perché distrutte e private del bene più prezioso, la dignità stessa di essere umano. A loro va il mio e nostro ringraziamento e uno speciale ricordo nella preghiera: senza queste "Samaritane", l’umanità sarebbe più povera e più triste.



INTERVENTO DELLA REV.DA SR. VICTORIA GONZÁLES DE CASTEJÓN

È da alcuni anni che la UISG rivolge il suo occhio vigilante al fenomeno della tratta soprattutto di donne, bambini e bambine. Nella sua riunione plenaria del 2001, circa 800 Superiore Generali che rappresentano un milione di membri di Congregazioni cattoliche di tutto il mondo hanno affermato: "inviate ad essere presenza viva della tenerezza e misericordia di Dio nel nostro mondo sofferente, dichiariamo pubblicamente la nostra determinazione di lavorare insieme in solidarietà nelle nostre comunità religiose e nei Paesi in cui operiamo per denunciare con insistenza, ad ogni livello, l’abuso sessuale e lo sfruttamento di donne e di bambini con particolare attenzione alla tratta delle donne che è diventata un commercio lucrativo multi-nazionale".

Da allora, molte sono le congregazioni femminili singole che si sono lanciate ad intraprendere azioni di contrasto nelle diverse parti del mondo. La consapevolezza dell’urgenza di affrontare questo campo della nuova povertà è andata crescendo in tutti questi anni. L’impegno è stato ribadito anche nella plenaria del 2004 assumendo, come Unione, il compito di "[intensificare] i nostri sforzi, quali artefici di riconciliazione nel mondo, per sradicare la tratta di donne e bambini, promuovere educazione e formazione di donne e ragazze".

Nel 2007 la UISG insieme con la USG e la Caritas Internationalis, ha anche firmato una dichiarazione congiunta affermando "una ferma volontà di opporsi a questa forma di schiavitù del ventunesimo secolo" e dichiarando "il proprio impegno a lavorare insieme in questo campo".

Il progetto di collaborazione con l’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) in questi sei anni è stato per noi un’opportunità propizia per attuare concretamente l’intento dell’Unione e ampliare le nostre azioni di contrasto alla tratta da parte delle religiose e delle Congregazioni religiose femminili. Cercando di fare un bilancio del lavoro realizzato, emerge evidente la ricchezza dello scambio e della complementarità nella collaborazione tra i due organismi che rappresentano il volto pubblico e quello privato, il laico e la religiosa nella comune causa di difesa della vita delle persone che vivono nelle situazioni di gravi povertà e marginalità. Con questo Congresso, speriamo di consolidare maggiormente il nostro impegno affinché nessuna persona umana possa essere trattata come oggetto di compra vendita.

Gesù, Parola di Vita del Padre, ci aiuti in questo cammino.



INTERVENTO DELLA DOTT.SSA CARMELA GODEAU

Sono lieta di essere qui oggi insieme a voi per annunciare l'apertura del Secondo Congresso delle religiose in rete contro la tratta delle persone. Nell’ampio panorama delle agenzie con cui collabora l'OIM riconosce il ruolo del personale religioso e delle organizzazioni religiose come un pilastro con il quale collaborare fianco a fianco per aiutare le persone a migliorare la qualità della loro vita, se questo obiettivo viene perseguito attraverso un processo migratorio.

L’OIM è partner dell’UISG dal 2004 e in questi cinque anni, grazie al finanziamento del Governo degli Stati uniti – Dipartimento di Stato, ufficio per la popolazione, i rifugiati e i migranti – ha consolidato un’esperienza considerevole che ha portato alla formazione di circa 500 suore in tutto il mondo e contribuito a rafforzare, in alcuni paesi a costruire, le reti delle religiose per il contrasto della tratta di persone. Grazie a questo progetto si sono concretizzate collaborazioni OIM/Religiose in Sud Africa, Repubblica Dominicana, Albania e Nigeria.

L’OIM è una Organizzazione intergovernativa nata nel 1951 con 125 stati membri e con sede a Ginevra. A Roma vi è la sede dell’ufficio regionale per il Mediterraneo, che coordina l’attività di ben 14 paesi dell’area mediterranea.

La Missione di Roma presta i propri servizi per agevolare la migrazione di persone che necessitano di assistenza, promuove attività che facilitino l’accoglienza e l’integrazione nelle comunità di accoglienza o il reinserimento nelle aree di origine, assiste il trasferimento di risorse umane incoraggiando lo sviluppo sociale ed economico tramite le migrazioni, promuove programmi di Migrazione e Sviluppo con i Paesi di origine dei migranti, realizza progetti volti a favorire la prevenzione della diffusione di malattie e a promuovere la considerazione delle implicazioni sanitarie della migrazione, svolge attività di orientamento alla migrazione per lavoro.

L’organizzazione inoltre - come stabilito anche dal proprio mandato - collabora attivamente con gli stessi migranti. Come OIM Roma intratteniamo infatti rapporti e partnership con comunità e associazioni di migranti presenti in Italia, appoggiandone le attività in Italia e nei paesi di origine e aiutandoli a sviluppare progettualità e relazioni con rappresentanti della società civile, delle istituzioni nonché del mondo economico italiano.

Per quello che riguarda il nostro lavoro legato al fenomeno della tratta, sottolineo come da molti anni n Italia ci occupiamo di assistere il ritorno volontario di vittime di tratta e casi umanitari. Questo particolare programma ha permesso il ritorno - su base volontaria - e il reinserimento socio-lavorativo nei paesi di origine di immigrate e immigrati che, sottrattisi al circuito di sfruttamento, hanno scelto di rientrare in patria in condizioni di sicurezza e dignità e ha dato un sostegno al ritorno anche a immigrati che si trovavano in condizioni di estrema precarietà e disagio. Nel corso dell’ultima annualità, chiusasi nel 2008, 81 vittime di tratta e 137 casi umanitari hanno potuto beneficiare di questo programma.

Nella regione mediterranea abbiamo inoltre promosso una serie di corsi di formazione sulla tratta in Marocco e in Libia, per funzionari governativi, delle forze di polizia ong e società civile locale.

Il fenomeno del traffico di persone e dell’assistenza alle vittime di tratta coinvolge anche le nostre attività a Lampedusa e in Sicilia dove – insieme a UNHCR, Croce Rossa e Save the Children – svolgiamo un ruolo di monitoraggio degli standard di accoglienza e di tutela legale degli immigrati.

La nostra presenza ha favorito il miglioramento delle condizioni di accoglienza e assicurato l’individuazione e la protezione di innumerevoli soggetti vulnerabili non richiedenti asilo tra i quali proprio le vittime di tratta (per cui, ove possibile, è stato richiesto e ottenuto l’art. 18), a fronte di un notevole incremento (di circa il 900 per cento) di arrivi di ragazze provenienti dalla Nigeria che - sulla base delle interviste effettuate dai nostri operatori - abbiamo identificato quali potenziali vittime di sfruttamento sessuale.

L’impegno dell’organizzazione nel contrasto alla tratta di persone e nell’assistenza alle vittime ci vede quindi in prima linea, ed è un impegno che non nasce da oggi ma sul quale siamo attivi e coinvolti da anni. Attraverso la nostra rete di circa 400 uffici nel mondo abbiamo infatti lavorato sul fenomeno della tratta fin dalla metà degli anni ’90; ancora prima, dunque, dei Protocolli di Palermo, della Convenzione di Varsavia e degli interventi e appelli a livello della comunità internazionale in questo settore.

Nel corso di questi anni i programmi dell’OIM sono stati indirizzati sulle seguenti assi portanti di intervento:

• ricerca
• prevenzione
• cooperazione tecnica
• assistenza diretta alle vittime

tenendo ben presente, dopo un’esperienza di tanti anni, che qualsiasi strategia di protezione, prevenzione o contrasto non può prescindere dal riconoscimento dei diritti delle vittime.

In questo contesto, l’approccio al fenomeno che l’OIM propone è di costruire reti. Lo scopo è di beneficiare del contributo di diverse professionalità e capacità operative per contrastare efficacemente il fenomeno.

In conclusione, non possiamo da parte nostra che confermare il nostro impegno e il sostegno a questa visione che unisce le nostre competenze a quelle dell’UISG, delle Conferenze nazionali e regionali, delle congregazioni e delle singole suore per la formazione e per la messa in rete tra personale relgioso e del personale religioso con tutte le altre agenzie laiche, internazionali e territoriali, che intervengono sul fenomeno.



INTERVENTO DELLA REV.DA SR. BERNADETTE SANGMA

La tratta di persone è un fenomeno molto complesso. Le sue cause spaziano dagli aspetti socio-culturali a quelli economici e politici, incidendo in modo differenziato nei paesi di origine, in quelli di transito e di destinazione. Attraverso il nostro coinvolgimento, noi religiose siamo diventate maggiormente coscienti delle dimensioni mondiali del fenomeno della tratta. Infatti si può dire che non c’è nazione nel mondo che possa vantarsi di essere immune da questa piaga sociale.

Gli attori vanno dai propri familiari ai fidanzati, dai vicini di casa agli amici, alle amiche e agli estranei; ma i principali responsabili sono le organizzazioni criminali, spesso anche in connivenza con autorità locali e politiche, che devastano le zone più povere ed indifese della società in tutte le parti del globo. Pertanto, la tratta non è una realtà lontana da noi: succede dietro le nostre strade, nei nostri quartieri e colpisce i nostri conoscenti, le nostre amiche o amici, le bambine e i bambini delle nostre scuole e parrocchie.

Come religiose, siamo più consapevoli anche di molti elementi correlati e complessi che costituiscono fattori di domanda e offerta di questo fenomeno. Di conseguenza, le azioni che mirano a contrastare questa realtà richiedono l’adozione di un approccio multi-dimensionale capace di abbracciare molti aspetti per rimuovere le cause dalle diverse angolature, per risanare e accompagnare il cammino della ricostruzione della vita di coloro che sono coinvolte e ferite nelle profondità del loro essere e per cercare di creare un humus umano nelle politiche decisionali a tutti i livelli.

Questa necessità chiama in causa molte Congregazioni che con i loro svariati e multiformi carismi possono offrire risposte differenziate ma complementari per contrastare il fenomeno. Si esige perciò una riflessione, oserei dire un approccio ermeneutico, nella rilettura del proprio carisma in relazione al fenomeno che calpesta ogni fondamentale diritto e dignità della persona umana. Non ci si può soffermare sugli aspetti più appariscenti del fenomeno, giungendo velocemente a conclusioni che spingono all’inattività. In ultima analisi, si può proprio dire che nessun carisma può sentirsi estraneo ad un fatto che reca sofferenze devastanti a tante donne o, peggio, a bambine e bambini indifesi e, in numero sempre crescente, anche agli uomini.

La presa di coscienza sembra aumentare in quanto alcune Congregazioni, in questi ultimi anni, hanno adottato il contrasto alla tratta come propria deliberazione capitolare rendendolo come mandato obbligatorio per i membri della loro Congregazione: tra essi anche qualche ordine maschile.

Sono abbastanza numerose le Congregazioni che si impegnano nell’ambito della prevenzione attraverso una vasta gamma di attività cha vanno dall’educazione, alla lotta contro la povertà, contro la discriminazione di ogni tipo, soprattutto nei confronti delle donne e delle bambine. È stato detto che il livello di degrado umano nella tratta, specialmente in fatto di sfruttamento sessuale, è tale che il processo di ricupero della propria dignità da parte della vittima è molto arduo. Questa è la ragione per cui tante Congregazioni femminili si sono schierate nell’ambito della prevenzione affinché nessuna donna, nessuna bambina o bambino debba vivere tale disfacimento umano. Nel campo del ricupero e della ricostruzione della vita ferita, la forza trasformante dell’amore e l’ambiente ricco del calore umano sono capaci di aiutare a riprendere la fiducia e riprogettare il cammino della propria vita. La presenza delle religiose accanto a loro, giorno dopo giorno, nella faticosa e ardua riconquista della propria personalità diventa il riflesso del volto compassionevole di Dio che gradualmente risana le ferite e disegna la speranza.

Data la complessità dei fattori che intervengono nella tratta di persone, il lavoro in rete in questo campo non è un’opzione libera, bensì una necessità, se ci si vuole impegnare in modo strategico. Le bande criminali che depredano donne e bambini sono altamente organizzate e collegate tra loro, da una parte all’altra del mondo. Solo attraverso la strategia della rete che colleghi i paesi di origine delle vittime, quelli di transito e quelli di destinazione, sarà possibile mettere in atto le misure per impedire che le persone più deboli e vulnerabili diventino merce umana.

Uno degli obiettivi nei corsi realizzati dall’UISG e l’OIM è quello di creare queste reti di collaborazione, nella convinzione che le Congregazioni religiose, per il fatto di essere presenti in tutte le parti del mondo, godono di un grande vantaggio a questo riguardo. Pare che i vari corsi abbiano contribuito alla creazione, pur incipiente, di tale rete. Occorre cercare di dare continuità al lavoro iniziato, per migliorare la qualità delle attività intraprese. Sarebbe una grave omissione non utilizzare la nostra risorsa di poter tessere reti di solidarietà per la dignità e la vita di tante donne, bambine, bambini e uomini.

Dopo i corsi, in alcuni Paesi, si è creata all’interno delle Conferenze Religiose, una "Commissione Tratta" per coordinare le risposte al fenomeno. Altri hanno elaborato insieme un piano di lavoro a breve e a lungo termine. La sfida, anche qui, è come attuare tali piani dato il ritmo di lavoro incalzante, le distanze che in alcuni casi separano le comunità, nonché la mancanza di fondi. Sono aspetti che richiedono ulteriori ricerche, proposte innovative, ma soprattutto la ferma convinzione sulla validità di lavorare insieme e coraggiosa audacia.

Un’altra prospettiva è quella di realizzare adeguati momenti formativi insieme con le congregazioni maschili e il clero diocesano per affrontare situazioni come la tratta dei bambini e delle bambine destinati ai lavori forzati, l’espianto degli organi e, nel caso dello sfruttamento sessuale, la questione della domanda.

Nella misura in cui ci si impegna in questo campo, in particolare nella tratta per lo sfruttamento sessuale, cresce la consapevolezza che una delle cause prime è proprio la domanda. L’entrata in campo da parte delle Congregazioni religiose maschili è più che mai urgente per impostare un processo di educazione dei ragazzi e degli uomini a una diversa visione della donna e della bambina, che non le riduca ad un oggetto di piacere, di sfruttamento e di sopraffazione. Puntando l’attenzione specificamente sulla tratta delle donne e dei bambini per lo sfruttamento sessuale, abbiamo maturato una consapevolezza saldamente fondata: l’azione di contrasto richiede la presa in esame della questione sui ‘clienti’. La logica del mercato ci dice che non esiste offerta senza la domanda. Purtroppo, e con pena, notiamo che una gran parte della domanda proviene anche da mariti e padri di famiglia chi si dicono cristiani praticanti.

Nel suo messaggio per la 92ma Giornata Mondiale per la Migrazione, il Papa Benedetto XVI afferma, «faccio mia la condanna già espressa da Giovanni Paolo II contro "la diffusa cultura edonistica e mercantile che promuove il sistematico sfruttamento della sessualità" (Lettera alle Donne, 29 giugno 1995, n. 5). V'è qui tutto un programma di redenzione e di liberazione, a cui i cristiani non possono sottrarsi». Facendo nostra questa conclusione del Papa, desideriamo rievocare anche una delle proposte generali emerse nel "Primo Incontro Internazionale di Pastorale per la Liberazione delle Donne di Strada" organizzato dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti, dal 20 al 21 giugno 2005, che auspica il coinvolgimento e il sostegno del clero, sia per la formazione dei giovani e degli uomini, che per la riabilitazione dei ‘clienti’ che fanno uso delle donne vittime della tratta per lo sfruttamento sessuale.

Ci rendiamo conto che senza la collaborazione delle Congregazioni maschili e del clero diocesano non possiamo arrivare ad una categoria molto significativa di persone coinvolte, cioè gli uomini. Loro hanno spazi e opportunità preziosi per l’accompagnamento degli uomini e dei ragazzi attraverso la loro ministerialità di parroci, confessori, predicatori, direttori spirituali ed educatori.

Un altro campo importante è il coinvolgimento attivo nell’ambito di lobbying e advocacy a livello locale, nazionale e internazionale. Tale approccio permette di intervenire non solo attraverso azioni dirette e immediate a favore delle donne e dei bambini, ma offre anche la possibilità di essere presenti nei luoghi dove vengono prese le decisioni che incidono sulla loro vita e di contribuire a porre adeguate condizioni per rimuovere le cause che rendono queste persone facile preda dei trafficanti.



INTERVENTO DEL DOTT. STEFANO VOLPICELLI

La tratta di persone

La tratta di persone, reato che prevede lo spostamento di una persona in un luogo diverso da quello di origine attraverso l’inganno o la coercizione allo scopo di sfruttarne il corpo o parti di esso, è diventata oggi una delle problematiche sociali globali più preoccupanti.

Nonostante non vi siano cifre precise, si stima che alcuni milioni di persone ogni anno rimangono vittime di questo fenomeno (sarebbero 2,5 milioni secondo i dati diffusi dalla Direzione Giustizia della Commissione UE in occasione della prima giornata europea contro la tratta di esseri umani del 18.10.07, di cui almeno 500.000 in Europa e da 29.000 a 38.000 in Italia).

La tratta di persone è un fenomeno globalizzato, complesso e articolato che, per le sue caratteristiche, può essere considerato come un meta-fenomeno. Si tratta di un potente rivelatore di dinamiche sociali ed economiche patologiche che, limitando in diversi modi la libertà della persona, costituiscono una grave violazione dei diritti umani.

A quindici anni dalla sua comparsa, la tratta di persone rimane ancora un oggetto misterioso e non ben identificato. Del resto, ci sono voluti ben 10 anni prima che una definizione del fenomeno fosse condivisa dalla comunità internazionale; solo nel dicembre 2000 a Palermo, grazie all’approvazione del Protocollo per la prevenzione, soppressione e punizione del traffico di persone, soprattutto le donne e i bambini, allegato alla Convenzione Internazionale contro il Crimine Organizzato Transnazionale, la tratta è stata definita come:

"il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, il dare alloggio o accoglienza a persone, tramite l’uso o la minaccia dell’uso della forza o di altre forme di coercizione, il rapimento, la frode, l’inganno, l’abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità o tramite l’offerta o l’accettazione di somme di danaro o altri vantaggi finalizzati ad ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un’altra a scopo di sfruttamento. Lo sfruttamento comprende, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato o prestazioni forzate, la schiavitù o pratiche analoghe, l’asservimento o il prelievo di organi".

Quello che risulta con chiarezza è che la tratta di persone è un fenomeno complesso al quale vanno contrapposte azioni di contrasto articolate, che diano risposte a quella che è una denuncia della componente patologica della globalizzazione a livello "glocale", regolando l’estremizzazione della competitività economica e la distruzione di meccanismi di welfare, gestendo l’aumento incontrollato dei processi migratori soprattutto interni, dalle campagne alle città, riducendo l’aumento delle diseguaglianze sociali, delle povertà e delle discriminazioni di genere, "prosciugando" le zone d’ombra - il sommerso - nel quale si annida lo sfruttamento lavorativo; infine favorendo i canali legali della migrazione, del lavoro e regolamentando la prostituzione, nella quale si nasconde lo sfruttamento sessuale.

E’ necessario cioè sviluppare azioni che allo stesso tempo informino le persone prima che vengano coinvolte dai trafficanti e dagli sfruttatori, proteggano ed assistano le persone che ne sono già vittime e potenzino le risposte istituzionali chiamate a reprimere il fenomeno.

Negli anni, soprattutto dopo la ratifica del Protocollo ONU da parte della maggior parte dei Paesi che vi aderiscono, per l’implementazione dei tre filoni di intervento sopra elencati si sono impegnate numerose Istituzioni ed agenzie Istituzionali – Governative e Internazionali – ed espressioni della società civile, principalmente del mondo dell’associazionismo laico e religioso.

L’Organizzazione Internazionale per le Migrazione, Organizzazione Intergovernativa che conta 125 Stati membri con oltre 400 uffici nel mondo, è intervenuta sul fenomeno fin dalla metà degli anni ’90, ancora prima, dunque, dei Protocolli di Palermo, della Convenzione di Varsavia e degli interventi e appelli a livello della comunità internazionale in questo settore e lo fa privilegiando un approccio compartecipativo attraverso la costruzione e il sostegno di reti multidisciplinari.

La collaborazione fra religiose e OIM.

Grazie a un progetto finanziato nel 2004 dal Dipartimento di Stato – Ufficio per la popolazione i rifugiati e i migranti del Governo degli Stati Uniti, l’OIM collabora con l’Unione Internazionale Superiori Generali in un programma congiunto di formazione di religiose impegnate in attività di contrasto alla tratta. Ma aldilà del programma di formazione, la visione che UISG e OIM sono riusciti a concretizzare è quella di una rete mondiale di religiose che possano beneficiare dell’immenso patrimonio esperienziale sviluppato nel corso degli anni, ma spesso in solitudine.

Nei 5 anni di progetto sono state formate più di 500 religiose attive in Paesi fortemente colpiti dal fenomeno tratta e sono state costituite reti locali e regionali finalizzate proprio alla rottura dell’isolamento delle religiose, isolamento che è individuale (molto spesso le religiose lavoravano individualmente) e sistemico (le organizzazioni religiose spesso lavoravano autonomamente senza nessun raccordo con le altre espressioni della società civile laica).

Oggi, grazie all’impegno congiunto UISG e OIM, ci troviamo a coordinare 15 reti internazionali che comprendono 252 congregazioni in 36 Paesi di cinque continenti (Europa, Africa, Asia, Americhe ed Oceania).

Le ragioni di questa collaborazione risiedono nella possibilità di amplificare gli interventi di contrasto alla tratta. La collaborazione delle religiose rappresenta infatti un valore aggiunto in grado di moltiplicare l’efficacia delle azioni di prevenzione del fenomeno e di assistenza alle vittime.

Alla competenza tecnica, alla rete organizzativa e di relazioni dell’OIM si aggiunge la radicazione delle religiose nel territorio, la condivisione del quotidiano e, quindi, la conoscenza profonda dei valori delle comunità nelle quali lavorano, che danno il privilegio di essere ascoltate, il privilegio dell’attenzione. Per questo motivo le azioni di prevenzione implementate dalle o con le religiose hanno un alto grado di efficacia.

Per le stesse ragioni le religiose sono operatrici fondamentali in quel processo difficile, lungo e faticoso di restituzione della dignità personale a coloro che, oltre ad avere subito una lesione profonda dei propri diritti, ad avere sofferto la privazione della libertà, ad aver dovuto vendere il corpo per essere impiegato in condizioni lavorative estreme o per essere sfruttato nel mercato del sesso a pagamento, si trovano spesso ad essere derise per la loro leggerezza, umiliate per il fallimento del progetto migratorio e per queste ragioni messe ai margini della propria comunità. Capacità di ascolto e di empatia che si sommano alla tecnica organizzativa dell’OIM.

Religiose e OIM rappresentano quindi un felice incastro di capacità e motivazione che unendo spiritualità a professionalità ottimizzano l’efficacia delle azioni di contrasto alla tratta.




17/06/2009 16:38
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COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE A PROPOSITO DELLE ORDINAZIONI ANNUNCIATE DALLA FRATERNITÀ SAN PIO X

In risposta alle frequenti domande giunte in questi giorni a proposito delle ordinazioni sacerdotali della Fraternità San Pio X in programma alla fine di giugno, non vi è che da rinviare a quanto affermato dal Santo Padre nella Sua Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica dello scorso 10 marzo: "Finché la Fraternità (San Pio X) non ha una posizione canonica nella Chiesa, anche i suoi ministri non esercitano ministeri legittimi nella Chiesa (...) finché le questioni concernenti la dottrina non sono chiarite, la Fraternità non ha alcuno stato canonico nella Chiesa, e i suoi ministri (...) non esercitano in modo legittimo alcun ministero nella Chiesa". Le ordinazioni sono quindi da considerarsi tuttora illegittime.

Nella stessa Lettera, il Papa ha annunciato la Sua intenzione di provvedere a un nuovo status della Commissione "Ecclesia Dei" in collegamento con la Congregazione per la Dottrina della Fede. Vi è ragione di pensare che la definizione di tale nuovo status sia prossima. Ciò costituisce la premessa per l'avvio del dialogo con i responsabili della Fraternità San Pio X in vista dell'auspicato chiarimento delle questioni dottrinali e, conseguentemente, anche disciplinari, che rimangono tuttora aperte.

18/06/2009 16:48
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COMUNICATO: TERZA RIUNIONE DEL XII CONSIGLIO ORDINARIO DELLA SEGRETERIA GENERALE DEL SINODO DEI VESCOVI (3-4 GIUGNO 2009)

"Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il tuo prossimo come te stesso" (Gai 5, 14).
Per disporsi meglio alla riflessione sulla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa, i Membri del XII Consiglio Ordinario della Segreteria Generale, composto da 15 Membri, di cui 12 eletti dai Padri Sinodali e 3 nominati dal Santo Padre nel corso della fase finale dell 'XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, celebrata dal 5 al 26 ottobre 2008, hanno incominciato i lavori della terza riunione nei giorni 3-4 giugno 2009 con la meditazione sul modo con cui san Paolo adopera la sacra Scrittura d'Israele nelle sue lettere principali. Oltre ad essere un contributo all' Anno Paolino, tale rilettura ha aiutato i Membri a riscoprire la Parola di Dio nella sua vivacità, efficacia e grande attualità ecclesiale e sociale.
A questa importante riunione, convocati dal Segretario Generale Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Nikola Eterović, che ha guidato i lavori, hanno partecipato: Sua Em.za Rev.ma Card. Francis Arinze, Prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (Città del Vaticano); Sua Em.za Rev.ma Card. Peter Kodwo Appiah Turkson, Arcivescovo di Cape Coast, Presidente dell'Associazione delle Conferenze Episcopali dell'Africa Occidentale (A.C.E.A.O.) (Ghana); Sua Em.za Rev.ma Card. Marc Ouellet, P.S.S., Arcivescovo di Québec (Canada); Sua Em.za Rev.ma Card. Joseph Zen Ze-Kiun, S.D.B., Vescovo emerito di Hong Kong (Cina); Sua Em.za Rev.ma Card. Odilo Pedro Scherer, Arcivescovo di São Paulo (Brasile); Sua Em.za Rev.ma Card. Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani (Città del Vaticano); Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Laurent Monsengwo Pasinya, Arcivescovo di Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo); Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Thomas Menamparampil, S.D.B., Arcivescovo di Guwahati (India); Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Diarmuid Martin, Arcivescovo di Dublin (Irlanda); Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Mark Benedict Coleridge, Arcivescovo di Canberra-Goulburn (Australia); Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Gianfranco Ravasi, Arcivescovo titolare di Villamagna di Proconsolare, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura (Città del Vaticano); Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Florentin Crihalmeanu, Vescovo di Cluj-Gherla, Claudiopoli-Armenopoli dei Romeni (Romania); Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Luis Antonio G. Taglet Vescovo di Imus (Filippine).
Trattenuti in sede dagli impegni pastorali non hanno potuto prender parte ai lavori Sua Em.za Rev.ma Card. Francis Eugene George, O.M.I., Arcivescovo di Chicago, Presidente della Conferenza Episcopale (Stati Uniti di America); Sua Em.za Rev.ma Card. Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga, S.D.B., Arcivescovo di Tegucigalpa, Presidente della Conferenza Episcopale (Honduras).
Nel prendere la parola all' inizio dei lavori l'Eccellentissimo Segretario Generale, dopo aver salutato i presenti, ha ricordato che il primo scopo della terza riunione consisteva nell' esame di uno schema di elaborazione delle Proposizioni della XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che poi sarebbe stato sottoposto al Santo Padre Benedetto XVI in vista della pubblicazione dell 'Esortazione Apostolica Postsinodale sul tema dell'Assemblea medesima: La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa.
Tale discussione ha occupato la maggior parte del tempo previsto nei due giorni di lavori e ha portato a risultati significativi per la redazione di un testo, che, raccogliendo le diverse modifiche suggerite, nella fedeltà allo spirito collegiale vissuto dai Padri Sinodali e alle loro ricche indicazioni, si ritiene ormai espressione conclusiva del consenso dei Membri del Consiglio e che prossimamente potrà essere consegnato al Vescovo di Roma e Pastore universale della Chiesa.
Si tratta di una collaborazione immediata da parte del Consiglio, composto da Pastori di Chiese particolari diffuse nel mondo intero, al ministero di Pastore Universale della Chiesa, che il Santo Padre esercita nella comunione gerarchica e nello spirito della collegialità episcopale, affinché si favorisca la venerazione e l'assimilazione della Parola di Dio, l'ascolto, lo studio e la lettura orante della Bibbia e la sua applicazione nella vita personale, familiare, ecclesiale e sociale.
Come secondo campo dell'attività del Consiglio, cioè la cooperazione con il Romano Pontefice nel preparare la futura XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, è stata compilata una tema di temi da sottoporre a Sua Santità come possibile argomento della prossima assise sinodale. Dalle proposte pervenute dai Sinodi delle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris, dalle Conferenze Episcopali, dai Dicasteri della Curia Romana e dall'Unione dei Superiori Generali è scaturita una sintesi ragionata delle attese concrete delle Chiese particolari circa le urgenze spirituali e pastorali del momento presente. I tre temi, definiti con formule adeguate, saranno portati al Santo Padre, che annuncerà a tempo debito la sua decisione finale per l'argomento da assegnare alla XIII Assemblea Generale Ordinaria. Su questo tema saranno elaborati i Lineamenta, dei quali il Consiglio esaminerà un primo schema nella quarta riunione, che si svolgerà nei giorni 24-25 del prossimo mese di settembre.
La riflessione sulla Parola di Dio si è conclusa con la preghiera di lode, indirizzando a Dio Onnipotente le parole che Egli stesso ha voluto rivelarci tramite il suo Figlio Unigenito per ispirazione dello Spirito Santo.

18/06/2009 16:48
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COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE

Questa mattina, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza il Presidente della Repubblica di Malta, Sua Eccellenza il Dott. George Abela, il quale successivamente, ha reso visita all’Em.mo Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone, accompagnato da S.E. Monsignor Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati.

Nei cordiali colloqui, oltre a riaffermare i saldi vincoli di amicizia tra la Santa Sede e la Repubblica di Malta, sono state affrontate alcune tematiche riguardanti la società maltese, nella quale la Chiesa Cattolica continua a svolgere un ruolo rilevante. Ci si è soffermati inoltre sulla situazione internazionale, con particolare riferimento al Medio Oriente e all’Africa, e sul contributo positivo che Malta può offrire alla soluzione dei relativi problemi.

20/06/2009 15:44
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AVVISO DELL’UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE


RITO DI BEATIFICAZIONE APPROVATO DAL SANTO PADRE

L’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice comunica che domenica 5 luglio alle ore 16 avrà luogo nel Parc Goujarde di Castres (Francia) il Rito di Beatificazione della Serva di Dio Jeanne Emilie de Villeneuve, Fondatrice della Congregazione delle Suore dell’Immacolata Concezione di Castres.





22/06/2009 17:16
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AVVISI DELL’UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE



CELEBRAZIONE DEI PRIMI VESPRI DELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO

Domenica 28 giugno 2009 il Santo Padre Benedetto XVI presiederà, alle ore 18, nella Basilica di San Paolo fuori le mura, la Celebrazione dei Primi Vespri della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo in occasione della chiusura dell’Anno Paolino.


CAPPELLA PAPALE PER LA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO

Lunedì 29 giugno 2009, Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, il Santo Padre Benedetto XVI presiederà alle ore 9.30, nella Basilica Vaticana, la Concelebrazione dell’Eucaristia con alcuni Arcivescovi Metropoliti, ai quali imporrà il sacro Pallio preso dalla Confessione dell’Apostolo Pietro.

26/06/2009 16:09
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BRIEFING SULLO SVOLGIMENTO DELL’ANNO PAOLINO

Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo il briefing sul tema: "Considerazioni a chiusura dell’Anno Paolino".
Intervengono: l’Em.mo Card. Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, Arciprete della Basilica Papale di S. Paolo fuori le Mura e l’Ing. Pier Carlo Visconti, Delegato per l’Amministrazione della Basilica.
Pubblichiamo di seguito l’intervento del Card. Andrea Cordero Lanza di Montezemolo:


INTERVENTO DEL CARD. ANDREA CORDERO LANZA DI MONTEZEMOLO

Considerazioni al termine dell’Anno Paolino

Giungendo al termine dell’Anno Paolino, più che tracciare un bilancio, che esigerebbe un dettagliato resoconto di dati statistici, desidero volgere uno sguardo di carattere generale sull’Anno Paolino che sta per concludersi, sul suo significato, su vari aspetti del suo sviluppo e sui benefici che ha portato, potendo certamente affermare che il suo esito è stato nel complesso del tutto positivo, persino al di là delle migliori previsioni possibili.

1. Come è nato

Nel 2005, poco dopo la sua elezione al Pontificato, Papa Benedetto XVI ha voluto dare al complesso extraterritoriale di San Paolo un nuovo riordinamento ed una nuova vitalità, secondo un progetto che negli anni precedenti era stato studiato da una apposita Commissione che Giovanni Paolo II mi aveva incaricato di costituire e di presiedere, e le cui conclusioni erano state presentate al Papa ormai morente. Il nuovo Sommo Pontefice, Benedetto XVI, nel prendere conoscenza e nell’approvare il generale progetto di riordinamento, mi ha nominato primo Arciprete della Basilica di San Paolo fuori le Mura, dando così il via ad un ampio programma di riorganizzazione e riordinamento di tutto il complesso formato dalla Basilica, dall’Abbazia e da altri enti, e di attuazione di varie iniziative studiate in pieno accordo con l’Abate e con la Comunità Benedettina di San Paolo. Fra l’altro, ho allora proposto al Santo Padre di lanciare la celebrazione di un Anno particolarmente dedicato all’Apostolo delle Genti, di cui fra il 2006 ed il 2010 si sarebbe verificato – secondo gli esperti – il bimillenario della nascita di Saulo, avvenuta a Tarso di Cilicia, tra gli anni 6 e 10 del primo secolo. Benedetto XVI ha accolto immediatamente il suggerimento, anzi l’ho visto illuminarsi all’idea di invitare tutti i cristiani a celebrare non un Anno Santo, che è una cosa diversa, come mi ha subito precisato, ma un "anno tematico", assegnandogli due motivazioni fondamentali. La prima: far conoscere meglio e meditare il ricchissimo messaggio lasciatoci dell’Apostolo delle Genti nei suoi scritti, che spesso sono difficili ed assai poco conosciuti o male interpretati; e la seconda: sviluppare vari programmi in dimensione ecumenica, ovvero attuare sempre di più insieme con le comunità cristiane non cattoliche tutti quegli eventi di preghiera, di studio e di cultura che possiamo fare con loro, piuttosto che da soli. Da notare che la Basilica e l’Abbazia di San Paolo hanno già, più che le altre Basiliche Papali, il compito istituzionale di promuovere e portare avanti programmi di carattere ecumenico, come da molti anni stanno facendo. E’ nato così per la prima volta nella storia, l’Anno Paolino, con l’invito esteso a tutti i Vescovi cattolici del mondo ed alle comunità cristiane in generale, di dedicare a San Paolo un Anno speciale, tra la celebrazione liturgica dei Santi Pietro e Paolo del 29 giugno del 2008, e la stessa solennità del 2009.

L’invito a celebrare un Anno Paolino è stato accolto in generale con molto favore da parte di tutti nel mondo intero, ma nei primi mesi (per quanto sia stato annunziato con un anno di anticipo) è stata notata qualche freddezza nel programmare le celebrazioni e una certa lentezza nel promuovere gli eventi, che però poi si sono susseguiti con crescente intensità. Al grande ed innegabile successo di tutto l’Anno Paolino nel mondo ha contribuito certamente l’apporto dottrinale, da grande "dottore della Chiesa", di Benedetto XVI, non solo con le sue catechesi nel corso delle Udienze Generali del mercoledì (che sono state appena raccolte dalla Libreria Editrice Vaticana in un bel volume del quale sono stato onorato di scrivere la prefazione), ma anche con numerosi discorsi, interventi, citazioni, riferimenti in occasione di incontri ed eventi innumerevoli, avvenuti in circostanze diverse e con differenti connotazioni.

2. Come si è svolto

L’Anno Paolino ha avuto inizio con la celebrazione presieduta dal Papa Benedetto XVI nella Basilica di San Paolo, nel pomeriggio del 28 giugno 2008, per i Primi Vespri della Solennità di San Pietro e Paolo. Il Sommo Pontefice, avendo al suo fianco il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, ha acceso la Fiamma Paolina, nel quadriportico della Basilica, ed ha attraversato la Porta Paolina, (una delle porte principali della Basilica, specialmente dedicata a questo scopo ed ora abbellita con nuovi bassorilievi bronzei), per recarsi poi sulla tomba dell’Apostolo delle Genti a venerarne le spoglie, che da venti secoli si conservano sotto l’altare papale della Basilica. Questi gesti sono poi stati ripetuti da migliaia di pellegrini giunti da ogni parte del mondo. Numerosissimi sono stati i gruppi di fedeli venuti con i loro Vescovi da Chiese locali, molti da quelle italiane, ma anche da ogni parte del mondo; poi gruppi di religiosi e religiose di congregazioni e d’istituti di vita consacrata; numerosissimi membri di movimenti ecclesiali, di associazioni, di pie unioni, di università, di scuole e collegi, formando gruppi grandi e piccoli, e non sono mancati anche piccoli gruppi parrocchiali, molte semplici famiglie e singoli fedeli venuti anche da lontano. E non solo cattolici, ma anche ortodossi, protestanti, anglicani e cristiani di varie denominazioni, riuniti in associazioni ed istituzioni cristiane. E’ stato difficile, anzi impossibile contarli. Uno dei pellegrinaggi più numerosi è stato organizzato proprio la settimana scorsa, dalla diocesi italiana di Aversa, guidata dal loro Vescovo, con più di 6000 fedeli, venuti con oltre 100 tra pullman e mezzi di trasporto diversi. Ma la concentrazione più numerosa durante l’anno è stata quella avvenuta per i funerali di Chiara Lubich, che ha richiamato venti mila ‘focolarini’, dei quali solo poco più della metà ha potuto trovare posto in Basilica, mentre gli altri sono rimasti all’esterno, con maxi-schermi appositamente allestiti per seguire la celebrazione che avveniva all’interno. Mentre prima dell’Anno Paolino si soleva raccogliere ogni giorno al massimo qualche migliaio di fedeli, nella sola giornata del 1° maggio scorso, è stata registrata un’affluenza di oltre 18.000 pellegrini. In queste ultime settimane ne abbiamo certamente ben più di diecimila al giorno.

Fra i grandi eventi ecclesiali celebrati durante l’Anno Paolino, va ricordato l’apertura del Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio, che il Papa ha voluto compiere nella Basilica di San Paolo nell’ottobre scorso, e che nei giorni successivi registrò l’intervento definito "storico" del Patriarca Ecumenico Bartolomeo nella Cappella Sistina. E va ricordata la Sinaxis celebrata da tutti i Patriarchi delle Chiese Ortodosse a Costantinopoli, segnata e seguita da un convegno espressamente Paolino, alla quale ho partecipato alla guida di una speciale delegazione pontificia. In Basilica poi durante l’anno si sono susseguite importanti visite di Patriarchi con ampie delegazioni di Chiese Orientali, cattoliche e non cattoliche. Hanno anche avuto una importante connotazione ecumenica altre iniziative promosse dall’Abbazia Benedettina di San Paolo: alcune di carattere liturgico (come ogni venerdì la celebrazione dei Vespri), altre di studio e di cultura (come il "Colloquio Paolino" giunto alla quarantesima edizione).

Nel mondo

Il moltiplicarsi delle iniziative di vario genere si è talmente infittito in questi ultimi mesi, da riuscire difficile annoverarle tutte, o anche solo elencare i diversi tipi di manifestazioni e di iniziative che si sono verificate. E questo non solo nel campo religioso, della preghiera, della liturgia, della penitenza, della catechesi e della pastorale, ma anche nel campo culturale, dello studio, delle pubblicazioni, e perfino della musica, del teatro, della produzione cinematografica, nonché mediante esposizioni di opere d’arte, ed eventi sportivi o di carattere vario. Tutto ciò è avvenuto non solo presso la Basilica di San Paolo fuori le Mura o presso l’ omonima Abbazia Benedettina, luoghi privilegiati presso la tomba dell’Apostolo, oppure nella Chiesa di Roma, ma anche e soprattutto nelle varie Chiese locali, in ogni continente dove la celebrazione del secondo millennio della nascita dell’Apostolo delle Genti è stata percepita e vissuta come un nuovo stimolo, come una motivazione più convinta verso l’Evangelizzazione. Tale esigenza è stata pure avvertita nelle Chiese ortodosse ed in molte altre Comunità Cristiane, da divenire comune impegno nel percorso di ricomposizione dell’unità dei cristiani.

In San Paolo fuori le Mura

Nella Basilica, in occasione dell’Anno Paolino, sono stati eseguiti numerosi ed importanti interventi, sia in preparazione dell’Anno Paolino, sia per la sua degna celebrazione. Delicati lavori hanno permesso di aprire un varco nell’antico muro di mattoni del V° secolo che sotto l’altare papale circonda la tomba di Paolo, per riuscire a permettere ai pellegrini la vista di un fianco del grande sarcofago di marmo, finora mai aperto, che raccoglie da venti secoli le spoglie dell’Apostolo delle Genti. Ciò ha permesso ai fedeli di poter scendere nell’ipogeo e pregare a pochi metri dalla tomba, vedendone il sarcofago. Inoltre, è stata predisposta e delimitata in una navata laterale, un’area penitenziale, riservata al Sacramento della Confessione, che è uno dei principali benefici spirituali messo a disposizione dei fedeli, cui sono legate particolari indulgenze. Un adeguato numero di Monaci Benedettini assicura sempre l’ascolto delle confessioni. Durante tutto l’anno, le quattro Cappelle che si aprono sul transetto, insieme con il Battistero, opportunamente restaurato ed adattato, si sono rese estremamente utili per accogliere limitati gruppi particolari, che hanno celebrato l’Eucaristia o hanno pregato e cantato nelle lingue e liturgie più diverse. Gruppi più numerosi di fedeli hanno utilizzato gli spazi del transetto e dell’abside (come i pellegrini dell’Ordine di Malta, o dell’Ordine del S.Sepolcro); mentre gruppi assai più grandi, internazionali, o nazionali, o diocesani, hanno occupato la navata centrale, o tutte le navate, usando l’altare papale.

Cinque grandi eventi di carattere culturale sono stati programmati in Basilica ed hanno richiamato un gran numero di fedeli. Gli eventi consistevano nella lettura di brani delle Lettere di San Paolo, fatta da un noto attore, seguita dal commento di un famoso esegeta (talvolta non cattolico) e da vive testimonianze di personalità del mondo della cultura, del giornalismo, dello spettacolo, dell’industria, del lavoro, dello sport, o di noti fondatori di istituzioni di carità e di assistenza, oppure di esponenti di particolari movimenti di spiritualità. Ne è risultata una interessante ed efficace testimonianza di vita vissuta, come risposta alla domanda "Paolo parla ancora alle genti di oggi?".

Non sono mancati grandi eventi musicali. Le richieste di eseguire musiche in Basilica sono state numerosissime. Evitando di trasformare la Basilica in sala da concerti, tuttavia qualche esecuzione di altissimo livello è stata programmata, con il patrocinio di fondazioni o istituzioni che ne hanno assunto le spese, spesso notevoli, giacché tutte le prestazioni che si fanno in chiesa debbono essere gratuite. Quando ho parlato di tali possibili programmi con il Santo Padre, per esplorare se non avesse nulla in contrario che fossero attuati in una sua Basilica, ma assicurandolo che si sarebbe trattato solo esecuzioni di famose orchestre, di cori e direttori ben noti, con musiche a carattere religioso, il Papa mi ha semplicemente detto "Mi invitate?". Tra l’altro è stata eseguita La creazione di Haydn, diretta da Lorin Maazel, la Sinfonia n° 6 di Bruckner da parte della Wiener Philarmoniker (con la presenza del Papa), un convegno di quasi cinquemila membri delle Scholae Cantorum d’Italia, con l’Oratorio Vita Mea di Donella. Proprio questa sera sarà eseguito in prima assoluta l’Oratorio Cadens revixit di Sergio Rendine, su libretto del poeta Roberto Mussapi, commissionato per la chiusura dell’Anno Paolino dalla stessa Basilica e dall’associazione romana del Festival di Pasqua.

Con l’occasione dell’Anno Paolino, sono stati dapprima compiuti numerosi lavori per migliorare tutti i servizi a disposizione dei pellegrini (i percorsi, i bagni, i luoghi di vendita di ricordi, i servizi di audioguide, l’assistenza sanitaria, il luogo di ristoro, ecc). Inoltre sono stati compiuti importanti lavori di restauro (per il baldacchino di Arnolfo di Cambio, che sovrasta l’altare papale, per il trono papale, per numerosi tratti di marmo di pavimenti e di rivestimenti). E’ stata totalmente rinnovata tutta l’illuminazione elettrica della Basilica, del quadriportico e del chiostro. Le zone poi del chiostro e del quadriportico, deteriorate per lunghe esposizioni alle intemperie, sono state completamente ripulite o restaurate. Inoltre, è stata trasformata in area espositiva, ed in museo con tecniche modernissime, tutta l’area dell’antica pinacoteca, ed è stato creato un nuovo atrio di sosta per i pellegrini. Proprio nei giorni scorsi, in vista della chiusura dell’Anno Paolino, sono stati collocati sulla Porta Paolina nuovi pregiati pannelli di bronzo, opera dello scultore Guido Veroi, che sostituiscono i provvisori pannelli in semplice disegno, che erano stati posti per l’apertura dell’Anno.

Con l’accordo delle Autorità del Governatorato della Città del Vaticano e con la approvazione del Santo Padre, è stato iniziato nell’Anno Paolino un programma edilizio, che durerà qualche anno, e comprenderà una nuova costruzione ed una ristrutturazioni di volumi già esistenti, su un’area a fianco della Basilica, che si estende in parte nel cosiddetto "Orto dei Monaci", che i Benedettini hanno cortesemente concesso. Il complesso comprenderà un’ampia area archeologica, organicamente attrezzata, e numerosi servizi che finora non hanno trovato ubicazione, con uffici ed abitazioni per il personale, apportando un notevole miglioramento a tutte le funzioni vitali della Basilica.

3. Continuazione dei benefici dell’Anno Paolino

L’Anno Paolino termina, ma i benefici spirituali che ha suscitato in tutto il mondo e le trasformazioni che ha prodotto devono continuare. Il grande fervore di iniziative pastorali, di catechesi, di promozioni culturali sono destinate a continuare, e ad avere un importante seguito sia a livello locale, sia in tutti i continenti. La Porta Paolina con i suoi nuovi pannelli bronzei continuerà a rimanere aperta, la fiamma paolina accesa dal Santo Padre all’inizio di questo anno tematico continuerà a rimanere accesa nel quadriportico, attorniata da fiammelle offerte quotidianamente dai fedeli, per ricordare a tutti i pellegrini che continueranno a venire da ogni parte del mondo la ricchezza e la profondità della Parola di Dio trasmessaci dall’Apostolo delle Genti, che occorre continuare a studiare e meditare. Un particolare programma culturale legato alla lettura, alla meditazione, allo studio della Parola di Dio contenuta nel messaggio di Paolo, con una speciale dimensione ecumenica, come già finora fatto, sarà ulteriormente sviluppato presso il complesso solidale della Basilica e dell’Abbazia, a cura dei Monaci Benedettini, che con tanto zelo da tredici secoli sono al servizio del Papa presso la Tomba di Paolo.

Il Santo Padre proprio in questi giorni, in occasione della chiusura dell’Anno Paolino, invia sette delegazioni pontificie, presiedute da un Cardinale, ai sette luoghi principali particolarmente legati all’Apostolo Paolo: in Terra Santa, a Damasco, a Tarso, a Cipro, ad Atene, a Malta ed in Libano, non solo per ringraziare Dio e solennizzare l’avvenimento, ma anche per invitare a continuare nella promozione e nello sviluppo di tutte quelle iniziative che l’Anno Paolino ha così efficacemente suscitato per il beneficio nella fede di tutti i cristiani e per continuare a procedere nel cammino irreversibile dell’unità dei cristiani.

Con la chiusura dell’Anno Paolino, e con l’inizio dell’Anno del Sacerdozio, appena inaugurato dal Santo Padre Benedetto XVI, va un forte invito a tutto il mondo cristiano di continuare ad accogliere il messaggio di Paolo, l’Apostolo delle Genti, che come nel suo tempo ha parlato ed ha scritto ai Corinzi, ai Galati, agli Efesini, ai Filippesi, ai Colossesi, ai Tessalonicesi, agli Ebrei ed ai Romani, così continui anche oggi a parlare a tutte le Genti, nei diversi continenti del mondo.

01/07/2009 01:48
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Intervento della Santa Sede a New York sulla crisi finanziaria
Per i Paesi poveri un cammino di sviluppo sostenibile



CITTA' DEL VATICANO, martedì, 30 giugno 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l'intervento pronunciato il 26 giugno dall'Arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore permanente della Santa Sede presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite a New York, alla Conferenza sulla crisi finanziaria ed economica mondiale e sul suo impatto sullo sviluppo.

* * *

Signor presidente,

La Santa Sede è lieta di questa opportunità per commentare le raccomandazioni che ora emergono dai dibattiti che si sono svolti sull'impatto della crisi finanziaria ed economica globale sui Paesi in via di sviluppo. Nel farlo, plaudiamo ancora una volta all'iniziativa adottata negli ultimi mesi dalle Nazioni Unite per coinvolgere tutti i suoi membri nel dibattito.

Non dobbiamo dimenticare che sono i poveri, sia nei Paesi sviluppati sia in quelli in via di sviluppo, a soffrire maggiormente e a essere meno capaci di difendersi dall'impatto di questa crisi. La perdita di posti di lavoro nei primi e la carenza di accesso a un impiego, al cibo, all'assistenza sanitaria di base e alle strutture educative nei secondi, sono una triste realtà quotidiana. Al termine degli incontri del Comitato per lo Sviluppo tenutisi alla fine di aprile, la Banca Mondiale ha stimato che altri 55-90 milioni di persone si ritroveranno in una povertà estrema nel 2009, specialmente donne e bambini; allo stesso tempo, ci si aspetta che quest'anno il numero delle persone che soffrono cronicamente la fame superi il miliardo. Inoltre sono diminuite anche le prospettive di sconfiggere l'estrema povertà entro il 2015 attraverso gli otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio.

Pertanto, per la Santa Sede vi è in primo luogo il forte impegno morale di affrontare queste disparità sociali ed economiche che si stanno accentuando e che minano la dignità fondamentale di tanti abitanti della terra. Allo stesso tempo le istituzioni della Chiesa in tutto il mondo hanno approfittato di questa congiuntura per promuovere nuove strutture di solidarietà e per auspicare e incoraggiare un nuovo orientamento dei sistemi finanziari ed economici nazionali e globali verso i principi della giustizia, della solidarietà e della sussidiarietà.

Data la vulnerabilità di tanti poveri del mondo, sosteniamo le proposte avanzate per tutelarli attraverso misure di stabilizzazione a breve termine, adottando al contempo misure a più lungo termine per assicurare flussi finanziari sostenibili e ridurre le possibilità che si verifichi una nuova crisi. Chiediamo anche con urgenza che l'agenda futura non sia eccessivamente ambiziosa. Le azioni a breve termine devono concentrarsi su mezzi in grado di dare un aiuto tangibile in tempi ragionevoli alle persone più bisognose. Le misure a più lungo termine — per la cui realizzazione spesso è necessario sviluppare un consenso politico più forte — dovrebbero incentrarsi su azioni a supporto della sostenibilità. Pertanto, noi appoggiamo l'equilibrio pratico che è stato suggerito tra l'esigenza a breve termine di un'azione efficace e le proposte più a lungo termine di rivedere la struttura del sistema economico globale.

In termini di azione specifica, accogliamo con piacere gli impegni assunti durante il vertice del g20 che si è tenuto a Londra lo scorso aprile per rendere disponibili più di mille miliardi di dollari come aiuti aggiuntivi. Purtroppo, però, solo una piccola parte di tali aiuti è stata destinata ai Paesi in via di sviluppo più poveri. Pertanto, è fondamentale destinare ancora un aiuto finanziario adeguato a questi Paesi, i cui bisogni finanziari devono essere attentamente monitorati. È anche importante che tali aiuti vengano dati a condizioni minime dalle Ifi (Istituzioni finanziarie internazionali).

Siamo consapevoli delle dimensioni umane e sociali di questa crisi globale. Alla luce di ciò, appoggiamo le misure volte a rafforzare la sicurezza alimentare, il sostegno alle spese sociali e, più in generale, una spesa pubblica che ponga al centro le persone. A tale riguardo, apprezziamo in modo particolare le proposte per le necessarie risorse aggiuntive da destinare al Vulnerability Financing Framework della Banca Mondiale.

La nuova crisi globale non deve servire da pretesto per dimenticare le questioni che da tempo preoccupano. Nella Conferenza di Doha abbiamo sottolineato l'importanza di riaffermare il principio di sviluppo finanziario sostenibile e di assicurare un cammino di sviluppo sostenibile per tutti i Paesi in via di sviluppo. In modo particolare, l'eliminazione dei sussidi per le esportazioni agricole è una misura che può recare notevoli benefici ai Paesi in via di sviluppo molto poveri. Questa prerogativa essenzialmente morale è diventata nel frattempo ancora più urgente poiché la crisi finanziaria globale si è aggravata. Pertanto ci uniamo agli Stati membri nel sollecitare una conclusione rapida della Conferenza di Doha dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, nel senso che vengano rispettati gli impegni assunti a favore dei Paesi meno sviluppati. Allo stesso modo, è importante che i Paesi sviluppati mantengano i loro impegni di assistenza ufficiale allo sviluppo (oda).

In merito alle misure volte a prevenire il ripetersi di questa crisi in futuro, appoggiamo regolamentazioni pratiche e attuabili per assicurare la trasparenza globale e il controllo a tutti i livelli del sistema finanziario. Sottolineamo che alla base dell'attuale crisi economica vi è un'ideologia che pone l'individuo e i desideri individuali al centro di tutte le decisioni economiche. La pratica dell'economia ha rispecchiato questo centro ideologico e ha cercato di cancellare i valori e la moralità dal dibattito economico invece di tentare d'integrare tali preoccupazioni nella realizzazione di un sistema finanziario più efficace e giusto.

Questa visione del mondo ha creato una società in cui i guadagni economici e personali a breve termine vengono realizzati a spese altrui e hanno l'effetto di produrre un individualismo che non riconosce i diritti e le responsabilità condivisi, necessari per creare una società che rispetti la dignità di tutte le persone.

Mentre la comunità delle Nazioni Unite si assume questa responsabilità collettiva di sostenere i Paesi in via di sviluppo più poveri in questo tempo di crisi finanziaria, riteniamo opportuno ricordare le riflessioni fatte da Papa Benedetto xvi all'inizio dell'anno, nel celebrare la Giornata mondiale della pace. Egli ha posto particolare enfasi sul bisogno fondamentale di un «forte senso di solidarietà globale» tra Paesi ricchi e Paesi poveri per affrontare in modo efficace la lotta contro la povertà. Il suo è stato essenzialmente un appello morale, fondato sul bene comune per tutti gli esseri umani.

Nel campo del commercio internazionale e della finanza sono in atto processi che consentono un'integrazione positiva dell'economia che conduce a un miglioramento generale delle condizioni. Allo stesso tempo, però, sono in corso processi nella direzione opposta che emarginano i popoli e possono portare a guerre e conflitti. Nonostante la grande crescita del commercio dopo la Seconda Guerra Mondiale, sono rimasti molti Paesi a basso reddito che sono ancora emarginati dal punto di vista del commercio. In tali Paesi, molti dei quali si trovano in Africa, è in gioco una questione fondamentale di equità globale. Anche nell'ambito della finanza la recente crisi mostra come l'attività finanziaria può essere incentrata su se stessa e avere una prospettiva a breve termine, senza alcuna considerazione a lungo termine del bene comune.

Per concludere, ribadiamo la nostra istanza di dare priorità ai Paesi più poveri in questo tempo di crisi e di adottare un approccio etico (I) in campo economico da parte di quanti operano nei mercati internazionali, (II), in ambito politico da parte di quanti svolgono una funzione pubblica e (III) di consentire una partecipazione che comprenda tutti i membri della società civile. Solo adottando un simile approccio sarà possibile realizzare una solidarietà globale autentica.

Grazie, signor presidente.

[Traduzione del testo in inglese a cura de “L'Osservatore Romano”]

02/07/2009 17:04
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BRIEFING DI PRESENTAZIONE DELLA NUOVA EDIZIONE DEI DOCUMENTI VATICANI DEL PROCESSO DI GALILEO GALILEI

Questa mattina. alle ore 11.30, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, si tiene un briefing per presentare la nuova edizione dei documenti vaticani del Processo di Galileo Galilei, a cura di S.E. Mons. Sergio Pagano, Prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano.

Interviene: S.E. Mons. Sergio Pagano, Prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano.

Pubblichiamo di seguito il testo di presentazione della nuova edizione degli Atti del Processo di Galileo:


TESTO DI PRESENTAZIONE

I documenti vaticani del processo di Galileo Galilei (1611-1741). Nuova edizione accresciuta, rivista e annotata da Sergio Pagano, Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano 2009, pp. CCLVIII+332, 28 tavole a colori [collana: Collectanea Archivi Vaticani, 69], 60,00

* Nuova edizione rispetto a quella, curata sempre da Sergio Pagano, nel 1984.

* Aspetti innovativi della nuova edizione:

1) Maggiore fedeltà agli atti originali del processo: tutti i documenti sono stati riletti sugli originali dell'Archivio Vaticano, di quello della Congregazione per la Dottrina della Fede e della Biblioteca Vaticana.

2) Edizione completa dei vecchi atti e di scritti ritrovati dopo il 1984 (circa 20 documenti).

3) Edizione annotata sia criticamente (quanto al tenore dei testi), sia nelle annotazioni storiche o biografiche ai vari personaggi: questa è una assoluta novità rispetto a tutte le edizioni del Processo che sono fino apparse dal 1877.

4) Edizione preceduta da una ampia introduzione (208 pagine) in cui Sergio Pagano, sulla scorta della più recente e accreditata bibliografia galileiana, ripercorre le tappe che dal 1611 al 1633 condussero al celebre Processo a Galileo.

5) Edizione accuratissima in ogni aspetto: i documenti sono preceduti da importanti note critiche e testuali che ne illustrano la tipologia e la «tradizione» (originale, copia, sunto, nota d'ufficio, le diverse mani, ecc.).

6) L'edizione è corredata di un minuziosissimo indice dei nomi e delle cose notevoli, finora mai composto, molto utile per il rinvenimento di personaggi e questioni implicati nel Processo

7) Utili tavole del ms. del Processo con riferimenti a questioni dei documenti riprodotti e rinvio alla trattazione che se ne è fatta nell'Introduzione.

Il Curatore: Mons. Sergio Pagano, Vesc. titolare di Celene, Prefetto dell'Archivio Segreto Vaticano dal 1997 e Officiale del medesimo Archivio fin dal 1978 (note biografiche e bibliografiche in: www.vatican.va /Santa Sede / Archivio Segreto Vaticano (Il Personale).

04/07/2009 15:56
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COMUNICATO DEL CONSIGLIO DI CARDINALI PER LO STUDIO DEI PROBLEMI ORGANIZZATIVI ED ECONOMICI DELLA SANTA SEDE SUL BILANCIO CONSUNTIVO CONSOLIDATO 2008 DELLA SANTA SEDE, DEL GOVERNATORATO DELLO STATO DELLA CITTÀ DEL VATICANO E OBOLO DI SAN PIETRO

Mercoledì 1, giovedì 2 e venerdì 3 luglio si è svolta in Vaticano la 43ª riunione del Consiglio di Cardinali per lo Studio dei Problemi Organizzativi ed Economici della Santa Sede, presieduta dal Segretario di Stato, Sua Eminenza Rev.ma il Cardinale Tarcisio Bertone, S.D.B.

Vi hanno partecipato gli Em.mi Cardinali: Joachim Meisner, Arcivescovo di Köln (Germania), Antonio María Rouco Varela, Arcivescovo di Madrid (Spagna), Dionigi Tettamanzi, Arcivescovo di Milano (Italia), Wilfrid Fox Napier, Arcivescovo di Durban (Sud Africa), Anthony Olubunmi Okogie, Arcivescovo di Lagos (Nigeria), Juan Luis Cipriani Thorne, Arcivescovo di Lima (Perù), George Pell, Arcivescovo di Sydney (Australia), Marc Ouellet P.S.S., Arcivescovo di Québec (Canada), Jorge Liberato Urosa Savino, Arcivescovo di Caracas (Venezuela), Gaudencio B. Rosales, Arcivescovo di Manila (Filippine), Nicholas Cheong Jinsuk, Arcivescovo di Seoul (Corea), Odilo Pedro Scherer, Arcivescovo di São Paulo (Brasile), Agostino Vallini, Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma.

La Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede era rappresentata dal Presidente, S.E. Mons. Velasio De Paolis, C.S., dal Segretario, S.E. Mons. Vincenzo Di Mauro e dal Ragioniere Generale, Dott. Stefano Fralleoni. Nella prima giornata erano presenti anche i cinque Revisori Internazionali.

Il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano e l'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica erano così rappresentati: Sua Em.za il Cardinale Giovanni Lajolo, Presidente della Commissione Cardinalizia per lo S.C.V; Sua Em.za il Cardinale Attilio Nicora e S.E. Mons. Domenico Calcagno, rispettivamente Presidente e Segretario dell'A.P.S.A.

Su invito del Cardinale Segretario di Stato sono stati ascoltati per la materia di loro competenza il Direttore Generale della Radio Vaticana P. Federico Lombardi, S.I., e il Dott. Alberto Gasbarri, Direttore Amministrativo.

I punti all'ordine del giorno sono stati i seguenti:

- Bilancio Consuntivo Consolidato della Santa Sede per l'esercizio 2008;

- Bilancio Consuntivo del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano per il 2008;

- Obolo di San Pietro e contributi in base al can. 1271 del C.I.C., ricevuti nel 2008.

La seduta si è aperta con l’esposizione dei Revisori Internazionali, i quali hanno espresso le loro valutazioni in merito ai bilanci e alla struttura organizzativa degli Uffici competenti. Ne è seguita un’ampia discussione.



S.E. Mons. Velasio De Paolis ha illustrato il Bilancio Consuntivo Consolidato 2008 della Santa Sede, che registra entrate per 253.953.869 e uscite per 254.865.383, con un disavanzo di esercizio di 911.514.

Va notato che, in conformità con i provvedimenti adottati in via eccezionale da Organismi Contabili Internazionali ed autorità monetarie di diversi Paesi, si sono applicati criteri di valutazione intesi ad evitare la contabilizzazione di potenziali minusvalenze dovute alla fase acuta della crisi economica globale nel settore finanziario, e le relative conseguenze nel risultato finale d’esercizio.

Le uscite sono da attribuirsi per la maggior parte alle spese ordinarie e straordinarie dei Dicasteri e Organismi della Santa Sede, i quali, con la loro specifica attività e competenza, partecipano alla cura pastorale del Sommo Pontefice nei confronti della Chiesa universale. In tale ambito, ampio spazio è stato dato ai mezzi di comunicazione, con particolare attenzione alla Radio Vaticana.

Nei suddetti Enti prestano il loro servizio complessivamente 2.732 persone, di cui 761 ecclesiastici, 334 religiosi (246 uomini e 88 donne), 1.637 laici (1.199 uomini e 438 donne).



L’Ecc.mo Presidente della Prefettura ha presentato poi il Bilancio Consuntivo 2008 del Governatorato che, com'è noto, provvede alla gestione del territorio, delle istituzioni e delle strutture, nonché all'esercizio di attività di supporto alla Santa Sede. Come altri Stati, anche il Vaticano ha subíto la crisi mondiale economico-finanziaria chiudendo con un disavanzo contenuto in 15.313.124. Si noti per altro che l’attività del Governatorato è indipendente da contributi provenienti dalla Santa Sede o da altre istituzioni sia ecclesiastiche che civili.

Nello S.C.V. prestano servizio 1.894 persone, di cui 31 religiosi, 28 religiose, 1.558 laici e 277 laiche.

Nel periodo in esame, il Governatorato, di concerto con la Santa Sede, ha avviato lo studio di una infrastruttura di comunicazione integrata che comprende i servizi di telefonia ed internet. È stato inoltre realizzato il primo impianto fotovoltaico sulla struttura dell’Aula Paolo VI. In continuità con l'impegno degli scorsi anni, ha provveduto alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio artistico, con particolare riguardo ai Musei Vaticani, ampliando anche le aree espositive e gli orari di visita.

Notevole è stato l’impegno economico e finanziario sostenuto per la tutela, valorizzazione e restauro del patrimonio artistico della Santa Sede (restauro della Cappella Paolina, interventi alle Basiliche Papali di San Paolo fuori le Mura e di Santa Maria Maggiore). Sono stati altresì rilevanti i costi sostenuti per la sicurezza all’interno dello Stato della Città del Vaticano e per i grandi lavori di ristrutturazione della Biblioteca Apostolica Vaticana.



Il Presidente della Prefettura degli Affari Economici ha illustrato inoltre la situazione del Fondo Pensioni, al quale al 31.12.2008 risultano iscritte 4.601 unità.

I Bilanci, come di consueto, sono stati sottoposti a verifica e certificazione.

Si è quindi passati alla presentazione dell'Obolo di San Pietro, costituito dall'insieme delle offerte che pervengono al Santo Padre dalle Chiese particolari, soprattutto in occasione della solennità dei Santi Pietro e Paolo, dagli Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita Apostolica, da Fondazioni e da singoli fedeli. Nel 2008 1'Obolo è ammontato complessivamente a US$ 75.785.574. Rispetto all'anno precedente, pur a fronte di un incremento dei donativi presentati dalle Diocesi, dai Religiosi e dalle Fondazioni, si è avuta una lieve flessione, dovuta anche alla generale situazione economica. I maggiori contributi nel 2008 sono pervenuti dai cattolici degli Stati Uniti, dell’Italia e della Germania; significativo, in rapporto al numero dei cattolici, è stato il contributo di Corea e Giappone. A sostegno della struttura centrale della Chiesa, i Vescovi, per il vincolo dell'unità e della carità, hanno versato, secondo le possibilità delle loro Diocesi, in base al canone 1271 C.I.C., l'importo di 20.980.140. Il contributo più alto è stato presentato dalle Diocesi della Germania, seguite da quelle degli Stati Uniti. Com’è noto, tali contributi sono da distinguersi chiaramente da quelli stabiliti da accordi bilaterali, come per es. l'Otto per mille in Italia, che sono invece destinati alle rispettive Chiese particolari.

Nel corso dei lavori il Santo Padre ha fatto visita ai partecipanti ed ha ascoltato, con particolare interesse, le loro osservazioni e dopo aver dato alcune indicazioni di carattere pastorale ha ringraziato tutti per la collaborazione.

Al termine della riunione i Membri del Consiglio hanno espresso la loro gratitudine a quanti, in modo generoso e spesso anonimo, sostengono il ministero apostolico e caritativo del Santo Padre a servizio della Chiesa universale.

06/07/2009 16:38
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Messaggio pastorale per la Giornata Mondiale del Turismo 2009
A cura del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti



CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 6 luglio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio pastorale del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti per la XXX Giornata Mondiale del Turismo, del 27 settembre, sul tema Il turismo, celebrazione della diversità.

* * *

Il tema della Giornata Mondiale del Turismo, proposto dalla competente Organizzazione Mondiale, Il turismo, celebrazione della diversità, ci apre cammini di incontro con l’uomo nella sua diversità, nella sua ricchezza antropologica.

La diversità è un fatto, una realtà, ma, come ci ricorda Papa Benedetto XVI, è pure un dato positivo, un bene, e non una minaccia o un pericolo, al punto tale da volere egli che “le persone accettino non soltanto l'esistenza della cultura dell'altro, ma desiderino anche riceverne un arricchimento”[1].

L'esperienza della diversità è propria dell'esistenza umana, anche perché lo sviluppo di ciascuno procede per tappe diversificanti, che favoriscono la crescita e la maturazione personale. Si tratta di una scoperta progressiva che, nel confronto con chi e quanto ci circonda, ci distingue dal diverso da noi.

Nella valutazione positiva del diverso osserviamo un paradosso: se da un lato si constata, in questo tempo di globalizzazione, che le culture e le religioni si avvicinano sempre più, e che nel cuore di tutte le culture sboccia un autentico desiderio di pace, d’altro lato si verificano incomprensioni, ci sono pregiudizi e malintesi profondamente radicati, che elevano barriere e alimentano divisioni. È il timore in noi del diverso, dello sconosciuto.

Dobbiamo quindi impegnarci per trasformare la discriminazione, la xenofobia e l’intolleranza in comprensione e mutua accettazione, percorrendo le strade del rispetto, dell’educazione e del dialogo aperto, costruttivo e vincolante.

In questo sforzo la Chiesa ha un ruolo importante, partendo da quella profonda convinzione di Paolo VI nell’enciclica Ecclesiam suam che “la Chiesa deve entrare in dialogo con il mondo in cui essa vive. La Chiesa si fa parola, la Chiesa si fa messaggio, la Chiesa si fa conversazione”[2]. È dialogo costruttivo e sincero che, per essere autentico, “deve evitare cedimenti al relativismo e al sincretismo ed essere animato da sincero rispetto per gli altri e da generoso spirito di riconciliazione e di fraternità”[3].

In questa prospettiva, il turismo, in quanto pone a contatto con altri modi di vivere, altre religioni e forme di vedere il mondo e la sua storia[4], è pure un’occasione di dialogo e di ascolto, e costituisce un invito a non chiudersi nella propria cultura, ma ad aprirsi e confrontarsi con modi di pensare e vivere diversi[5]. Non deve sorprendere pertanto che settori estremisti e gruppi terroristici di indole fondamentalista indichino il turismo come un pericolo e un obiettivo da distruggere. La conoscenza reciproca aiuterà - lo speriamo ardentemente - a costruire una società più giusta, solidale e fraterna.

L’esperienza iniziale dell’uomo circa la diversità è oggi vissuta anche nel mondo virtuale, megalopoli cosmica offerta permanentemente a ciascuno. Grazie a questa prima forma di “turismo”, virtuale, cinematico, la diversità è osservata da vicino, facilitando la prossimità del lontano diverso. È questo “turismo” il primo a consacrare la diversità.

Ma è soprattutto il turismo inteso come spostamento fisico, che evidenzia la diversità naturale, ecologica, sociale, culturale, patrimoniale e religiosa, e ci fa scoprire anche il lavoro compiuto insieme, la cooperazione fra popoli, l'unità degli esseri umani nella magnifica e conturbante diversità delle sue realizzazioni.

Nella scoperta della diversità appaiono tuttavia paradossi e limiti: se il turismo si sviluppa in assenza di un'etica di responsabilità, parallelamente prende corpo il pericolo della uniformità e della bellezza come “fascinatio nugacitatis” (cfr. Sap 4,12). Accade così, per esempio, che gli autoctoni possono fare per i turisti spettacolo delle loro tradizioni offrendo la diversità come un prodotto commerciale, solo per lucro.

Tutto ciò esige uno sforzo, tanto da parte del visitatore che dell’autoctono accogliente, di assumere atteggiamenti di apertura, rispetto, vicinanza, fiducia in modo che nel desiderio di incontrare gli altri, rispettandoli nella loro diversità personale, culturale e religiosa, si aprano al dialogo e alla comprensione[6].

La diversità si fonda nel mistero di Dio. La Parola creatrice sta all’origine della ricchezza delle specie, con distacco di colui/colei che è “immagine e somiglianza” di Dio. Questa Parola biblica poetica è quella della diversità, fondatrice dell'identità di ogni creatura, essendo il Creatore il primo a contemplare la bellezza-bontà di tutto ciò che Egli ha fatto (cfr. Gen 1). E Dio è anche quella forza meravigliosa, principio di unità di tutte le diversità, che appaiono come “una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune” (1 Cor 12,7). Nel contemplare la diversità, l'uomo scopre le tracce del divino nelle orme dell'umano. E per il credente, l’insieme delle diversità apre cammini per avvicinarsi all’infinita grandezza di Dio. Come fenomeno possibile di consacrazione della diversità, per noi il turismo può essere cristiano, strada aperta alla sua confessione contemplativa.

Dio affida alla Chiesa il compito di forgiare in Cristo Gesù, grazie allo Spirito, una nuova creazione, ricapitolando in Lui (cfr. Ef 1,9-10) tutto il tesoro della diversità umana che il peccato ha trasformato in divisione e conflitti[7], affinché contribuisca “alla fondazione, nello Spirito della Pentecoste, di una nuova società nella quale le diverse lingue e culture non costituiranno più confini insuperabili, come dopo Babele, ma in cui, proprio in tale diversità, è possibile realizzare un nuovo modo di comunicazione e di comunione”[8].

Sono pensieri, questi, che possono incoraggiare nell'impegno quanti si occupano della pastorale specifica del turismo, specialmente verso chi soffre in qualche modo per tale fenomeno, che pur è segno del nostro tempo e porta con sé aspetti positivi che abbiamo sottolineati di nuovo in occasione della recente celebrazione dei 40 anni di pubblicazione del Direttorio Peregrinans in terra.

Il soffio divino vinca ogni xenofobia, discriminazione, razzismo, renda vicini coloro che sono lontani, nella contemplazione della unità/diversità di una famiglia umana benedetta da Dio. È lo Spirito che riunisce nell'unità e nella pace, nell'armonia e nel mutuo riconoscimento. In Lui vi è ordine e bontà nei sette giorni della creazione. Entri, Egli, anche nella travagliata storia umana, grazie pure al turismo.

Dal Vaticano, 24 giugno 2009

X Antonio Maria Vegliò

Presidente





X Agostino Marchetto

Arcivescovo Segretario

----------

[1] Benedetto XVI, Messaggio in occasione della giornata di studio sul tema “Culture e religioni in dialogo” organizzata dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e dal Pontificio Consiglio della Cultura, 3 dicembre 2008: L’Osservatore Romano, n. 287 (45.027), 9-10 dicembre 2008, p. 1. Nella stessa linea si esprimeva Giovanni Paolo II: “Estraniarsi dalla realtà della diversità o - peggio - tentare di estinguere quella diversità significa precludersi la possibilità di sondare le profondità del mistero della vita umana. La verità sull’uomo è l’immutabile criterio con cui tutte le culture vengono giudicate; ma ogni cultura ha qualcosa da insegnare circa l’una dimensione o l’altra di quella complessa verità. Pertanto la ‘differenza’, che alcuni trovano così minacciosa, può divenire, mediante un dialogo rispettoso, la fonte di una più profonda comprensione del mistero dell’esistenza umana” (Discorso all’Assemblea Generale dell’ONU nel 50º anniversario della sua fondazione, 5 ottobre 1995, n. 10: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII/2 -1995-, Libreria Editrice Vaticana, 1998, p. 738).

[2] Paolo VI, Lettera enciclica Ecclesiam suam, 6 agosto 1964, n. 67: AAS LVI (1964), p. 639.

[3] Benedetto XVI, Messaggio in occasione della giornata di studio sul tema “Culture e religioni in dialogo”, l.c.

[4] Cfr. Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Istruzione Erga migrantes caritas Christi (La carità di Cristo verso i migranti), 3 maggio 2004, n. 30: AAS XCVI (2004), p. 778.

[5] “Figlio della propria cultura, il viaggiatore, il turista, parte all’incontro/scontro con i figli di un’altra cultura e, se entra in dialogo con essa, accetta di lasciarsi interpellare dagli elementi atti ad arricchire il suo patrimonio intellettuale, spirituale e culturale. Può essere portato quindi a rimettere in questione un certo numero di comportamenti, di considerazioni a priori, anche di credenze che influiscono sulla sua vita di tutti i giorni” (Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Documento Finale della IV Riunione Europea sulla Pastorale del Turismo, 29-30 aprile 2009, n. 34).

[6] Cfr. Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale del Turismo, 16 luglio 2005: Insegnamenti di Benedetto XVI, I (2005), Libreria Editrice Vaticana, 2006, p. 339.

[7] Cfr. Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Istruzione Erga migrantes caritas Christi (La carità di Cristo verso i migranti), l.c., n. 102.

[8] Ibidem, n. 89.

10/07/2009 17:04
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MESSAGGIO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE PER I MIGRANTI E GLI ITINERANTI IN OCCASIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DEL TURISMO 2009


Pubblichiamo di seguito il Messaggio del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti in occasione della Giornata Mondiale del Turismo 2009, che quest’anno sarà celebrata il 27 settembre sul tema: "Il turismo, celebrazione della diversità":


Il tema della Giornata Mondiale del Turismo, proposto dalla competente Organizzazione Mondiale, Il turismo, celebrazione della diversità, ci apre cammini di incontro con l’uomo nella sua diversità, nella sua ricchezza antropologica.

La diversità è un fatto, una realtà, ma, come ci ricorda Papa Benedetto XVI, è pure un dato positivo, un bene, e non una minaccia o un pericolo, al punto tale da volere egli che “le persone accettino non soltanto l'esistenza della cultura dell'altro, ma desiderino anche riceverne un arricchimento”[1].

L'esperienza della diversità è propria dell'esistenza umana, anche perché lo sviluppo di ciascuno procede per tappe diversificanti, che favoriscono la crescitae la maturazione personale. Si tratta di una scoperta progressiva che, nel confronto con chi e quanto ci circonda, ci distingue dal diverso da noi.

Nella valutazione positiva del diverso osserviamo un paradosso: se da un lato si constata, in questo tempo di globalizzazione, che le culture e le religioni si avvicinano sempre più, e che nel cuore di tutte le culture sboccia un autentico desiderio di pace, d’altro lato si verificano incomprensioni, ci sono pregiudizi e malintesi profondamente radicati, che elevano barriere e alimentano divisioni. È il timore in noi del diverso, dello sconosciuto.

Dobbiamo quindi impegnarci per trasformare la discriminazione, la xenofobia e l’intolleranza in comprensione e mutua accettazione, percorrendo le strade del rispetto, dell’educazione e del dialogo aperto, costruttivo e vincolante.

In questo sforzo la Chiesa ha un ruolo importante, partendo da quella profonda convinzione di Paolo VI nell’enciclica Ecclesiam suam che “la Chiesa deve entrare in dialogo con il mondo in cui essa vive. La Chiesa si fa parola, la Chiesa si fa messaggio, la Chiesa si fa conversazione”[2]. È dialogo costruttivo e sincero che, per essere autentico, “deve evitare cedimenti al relativismo e al sincretismo ed essere animato da sincero rispetto per gli altri e da generoso spirito di riconciliazione e di fraternità”[3].

In questa prospettiva, il turismo, in quanto pone a contatto con altri modi di vivere, altre religioni e forme di vedere il mondo e la sua storia[4], è pure un’occasione di dialogo e di ascolto, e costituisce un invito a non chiudersi nella propria cultura, ma ad aprirsi e confrontarsi con modi di pensare e vivere diversi[5]. Non deve sorprendere pertanto che settori estremisti e gruppi terroristici di indole fondamentalista indichino il turismo come un pericolo e un obiettivo da distruggere. La conoscenza reciproca aiuterà - lo speriamo ardentemente - a costruire una società più giusta, solidale e fraterna.

L’esperienza iniziale dell’uomo circa la diversità è oggi vissuta anche nel mondo virtuale, megalopoli cosmica offerta permanentemente a ciascuno. Grazie a questa prima forma di “turismo”, virtuale, cinematico, la diversità è osservata da vicino, facilitando la prossimità del lontano diverso. È questo “turismo” il primo a consacrare la diversità.

Ma è soprattutto il turismo inteso come spostamento fisico, che evidenzia la diversità naturale, ecologica, sociale, culturale, patrimoniale e religiosa, e ci fa scoprire anche il lavoro compiuto insieme, la cooperazione fra popoli, l'unità degli esseri umani nella magnifica e conturbante diversità delle sue realizzazioni.

Nella scoperta della diversità appaiono tuttavia paradossi e limiti: se il turismo si sviluppa in assenza di un'etica di responsabilità, parallelamente prende corpo il pericolo della uniformità e della bellezza come “fascinatio nugacitatis” (cfr. Sap 4,12). Accade così, per esempio, che gli autoctoni possono fare per i turisti spettacolo delle loro tradizioni offrendo la diversità come un prodotto commerciale, solo per lucro.

Tutto ciò esige uno sforzo, tanto da parte del visitatore che dell’autoctono accogliente, di assumere atteggiamenti di apertura, rispetto, vicinanza, fiducia in modo che nel desiderio di incontrare gli altri, rispettandoli nella loro diversità personale, culturale e religiosa, si aprano al dialogo e alla comprensione[6].

La diversità si fonda nel mistero di Dio. La Parola creatrice sta all’origine della ricchezza delle specie, con distacco di colui/colei che è “immagine e somiglianza” di Dio. Questa Parola biblica poetica è quella della diversità, fondatrice dell'identità di ogni creatura, essendo il Creatore il primo a contemplare la bellezza-bontà di tutto ciò che Egli ha fatto (cfr. Gen 1). E Dio è anche quella forza meravigliosa, principio di unità di tutte le diversità, che appaiono come “una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune” (1 Cor 12,7). Nel contemplare la diversità, l'uomo scopre le tracce del divino nelle orme dell'umano. E per il credente, l’insieme delle diversità apre cammini per avvicinarsi all’infinita grandezza di Dio.Come fenomeno possibile di consacrazione della diversità, per noi il turismo può essere cristiano, strada aperta alla sua confessione contemplativa.

Dio affida alla Chiesa il compito di forgiare in Cristo Gesù, grazie allo Spirito, una nuova creazione, ricapitolando in Lui (cfr. Ef 1,9-10) tutto il tesoro della diversità umana che il peccato ha trasformato in divisione e conflitti[7], affinché contribuisca “alla fondazione, nello Spirito della Pentecoste, di una nuova società nella quale le diverse lingue e culture non costituiranno più confini insuperabili, come dopo Babele, ma in cui, proprio in tale diversità, è possibile realizzare un nuovo modo di comunicazione e di comunione”[8].

Sono pensieri, questi, che possono incoraggiare nell'impegno quanti si occupano della pastorale specifica del turismo, specialmente verso chi soffre in qualche modo per tale fenomeno, che pur è segno del nostro tempo e porta con sé aspetti positivi che abbiamo sottolineati di nuovo in occasione della recente celebrazione dei 40 anni di pubblicazione del Direttorio Peregrinans in terra.

Il soffio divino vinca ogni xenofobia, discriminazione, razzismo, renda vicini coloro che sono lontani, nella contemplazione della unità/diversità di una famiglia umana benedetta da Dio. È lo Spirito che riunisce nell'unità e nella pace, nell'armonia e nel mutuo riconoscimento. In Lui vi è ordine e bontà nei sette giorni della creazione. Entri, Egli, anche nella travagliata storia umana, grazie pure al turismo.

Dal Vaticano, 24 giugno 2009

X Antonio Maria Vegliò
Presidente

X Agostino Marchetto
Arcivescovo Segretario


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[1]Benedetto XVI, Messaggio in occasione della giornata di studio sul tema “Culture e religioni in dialogo” organizzata dalPontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e dal Pontificio Consiglio della Cultura, 3 dicembre 2008: L’Osservatore Romano, n. 287 (45.027), 9-10 dicembre 2008, p. 1. Nella stessa linea si esprimeva Giovanni Paolo II: “Estraniarsi dalla realtà della diversità o - peggio - tentare di estinguere quella diversità significa precludersi la possibilità di sondare le profondità del mistero della vita umana. La verità sull’uomo è l’immutabile criterio con cui tutte le culture vengono giudicate; ma ogni cultura ha qualcosa da insegnare circa l’una dimensione o l’altra di quella complessa verità. Pertanto la ‘differenza’, che alcuni trovano così minacciosa, può divenire, mediante un dialogo rispettoso, la fonte di una più profonda comprensione del mistero dell’esistenza umana” (Discorso all’Assemblea Generale dell’ONU nel 50º anniversario della sua fondazione, 5 ottobre 1995, n. 10: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII/2 -1995-, Libreria Editrice Vaticana, 1998, p. 738).
[2] Paolo VI, Lettera enciclica Ecclesiam suam, 6 agosto 1964, n. 67: AAS LVI (1964), p. 639.
[3] Benedetto XVI, Messaggio in occasione della giornata di studio sul tema “Culture e religioni in dialogo”, l.c.
[4] Cfr.Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Istruzione Erga migrantes caritas Christi (La carità di Cristo verso i migranti), 3 maggio 2004, n. 30:AASXCVI (2004), p. 778.
[5] “Figlio della propria cultura, il viaggiatore, il turista, parte all’incontro/scontro con i figli di un’altra cultura e, se entra in dialogo con essa, accetta di lasciarsi interpellare dagli elementi atti ad arricchire il suo patrimonio intellettuale, spirituale e culturale. Può essere portato quindi a rimettere in questione un certo numero di comportamenti, di considerazioni a priori, anche di credenze che influiscono sulla sua vita di tutti i giorni”(Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Documento Finale della IV Riunione Europea sulla Pastorale del Turismo, 29-30 aprile 2009, n. 34).
[6] Cfr. Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale del Turismo, 16 luglio 2005:Insegnamenti di Benedetto XVI, I (2005), Libreria Editrice Vaticana, 2006, p. 339.
[7] Cfr.Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Istruzione Erga migrantes caritas Christi (La carità di Cristo verso i migranti), l.c., n. 102.
[8]Ibidem, n. 89.

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JOINT COMMUNIQUE OF THE BILATERAL PERMANENT WORKING COMMISSION BETWEEN THE HOLY SEE AND THE STATE OF ISRAEL

The Bilateral Permanent Working Commission between the State of Israel and the Holy See has met today , July 9th 2009 at Israel's Ministry of Foreign Affairs, to continue the negotiations on the "Economic Agreement".

The talks took place in an atmosphere of great cordiality, and the Delegations believe that they have contributed to taking the talks forward towards the desired Agreement.

The next meetings of the Commission will take place on: August 26th, September 15-16, October 14-15, November 11-12.

As already announced, the next Plenary Commission will meet on December 10th 2009 in the Vatican.

11/07/2009 01:35
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Chiarificazione della Congregazione per la Dottrina della Fede sull'aborto procurato
Dopo l'articolo dell'Arcivescovo Fisichella sulla "bambina brasiliana"



CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 10 luglio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo la chiarificazione della Congregazione per la Dottrina della Fede, riportata dal quotidiano della Santa Sede "L'Osservatore Romano" nella sua edizione dell'11 luglio, sull'articolo pubblicato dallo stesso quotidiano dall'Arcivescovo Rino Fisichella sulla bambina brasiliana sottoposta ad aborto dei due gemelli che aspettava.

* * *
Recentemente sono pervenute alla Santa Sede diverse lettere, anche da parte di alte personalità della vita politica ed ecclesiale, che hanno informato sulla confusione creatasi in vari Paesi, soprattutto in America Latina, a seguito della manipolazione e strumentalizzazione di un articolo di Sua Eccellenza Monsignor Rino Fisichella, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, sulla triste vicenda della «bambina brasiliana». In tale articolo, apparso su «L'Osservatore Romano» del 15 marzo 2009, si proponeva la dottrina della Chiesa, pur tenendo conto della situazione drammatica della suddetta bambina, che - come si poteva rilevare successivamente - era stata accompagnata con ogni delicatezza pastorale, in particolare dall'allora Arcivescovo di Olinda e Recife, Sua Eccellenza Monsignor José Cardoso Sobrinho. Al riguardo, la Congregazione per la Dottrina della Fede ribadisce che la dottrina della Chiesa sull'aborto provocato non è cambiata né può cambiare. Tale dottrina è stata esposta nei numeri 2270-2273 del Catechismo della Chiesa Cattolica in questi termini:

«La vita umana deve essere rispettata e protetta in modo assoluto fin dal momento del concepimento. Dal primo istante della sua esistenza, l'essere umano deve vedersi riconosciuti i diritti della persona, tra i quali il diritto inviolabile di ogni essere innocente alla vita. "Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato" (Ger 1, 5). "Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, intessuto nelle profondità della terra" (Sal 139, 15).

«Fin dal primo secolo la Chiesa ha dichiarato la malizia morale di ogni aborto provocato. Questo insegnamento non è mutato. Rimane invariabile. L'aborto diretto, cioè voluto come un fine o come un mezzo, è gravemente contrario alla legge morale: "Non uccidere il bimbo con l'aborto, e non sopprimerlo dopo la nascita" (Didaché, 2, 2). "Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di proteggere la vita, missione che deve essere adempiuta in modo degno dell'uomo. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; e l'aborto come pure l'infanticidio sono abominevoli delitti" (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 51).

«La cooperazione formale a un aborto costituisce una colpa grave. La Chiesa sanziona con una pena canonica di scomunica questo delitto contro la vita umana. "Chi procura l'aborto, se ne consegue l'effetto, incorre nella scomunica latae sententiae" (Cic, can. 1398), "per il fatto stesso d'aver commesso il delitto" (Cic, can. 1314) e alle condizioni previste dal diritto (cfr. Cic, cann. 1323-1324). La Chiesa non intende in tal modo restringere il campo della misericordia. Essa mette in evidenza la gravità del crimine commesso, il danno irreparabile causato all'innocente ucciso, ai suoi genitori e a tutta la società.

«Il diritto inalienabile alla vita di ogni individuo umano innocente rappresenta un elemento costitutivo della società civile e della sua legislazione: "I diritti inalienabili della persona dovranno essere riconosciuti e rispettati da parte della società civile e dell'autorità politica; tali diritti dell'uomo non dipendono né dai singoli individui, né dai genitori e neppure rappresentano una concessione della società e dello Stato: appartengono alla natura umana e sono inerenti alla persona in forza dell'atto creativo da cui ha preso origine. Tra questi diritti fondamentali bisogna, a questo proposito, ricordare: il diritto alla vita e all'integrità fisica di ogni essere umano dal concepimento alla morte... Nel momento in cui una legge positiva priva una categoria di esseri umani della protezione che la legislazione civile deve loro accordare, lo Stato viene a negare l'uguaglianza di tutti davanti alla legge. Quando lo Stato non pone la sua forza al servizio dei diritti di ciascun cittadino, e in particolare di chi è più debole, vengono minati i fondamenti stessi di uno Stato di diritto... Come conseguenza del rispetto e della protezione che vanno accordati al nascituro, a partire dal momento del suo concepimento, la legge dovrà prevedere appropriate sanzioni penali per ogni deliberata violazione dei suoi diritti" (Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Donum vitae, III)».

Nell'Enciclica Evangelium vitae Papa Giovanni Paolo II ha riaffermato tale dottrina con la sua autorità di Supremo Pastore della Chiesa: «Con l'autorità che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi Successori, in comunione con i Vescovi - che a varie riprese hanno condannato l'aborto e che nella consultazione precedentemente citata, pur dispersi per il mondo, hanno unanimemente consentito circa questa dottrina - dichiaro che l'aborto diretto, cioè voluto come fine o come mezzo, costituisce sempre un disordine morale grave, in quanto uccisione deliberata di un essere umano innocente. Tale dottrina è fondata sulla legge naturale e sulla Parola di Dio scritta, è trasmessa dalla Tradizione della Chiesa ed insegnata dal Magistero ordinario e universale» (n. 62).

Per quanto riguarda l'aborto procurato in alcune situazioni difficili e complesse, vale l'insegnamento chiaro e preciso di Papa Giovanni Paolo II: «È vero che molte volte la scelta abortiva riveste per la madre carattere drammatico e doloroso, in quanto la decisione di disfarsi del frutto del concepimento non viene presa per ragioni puramente egoistiche e di comodo, ma perché si vorrebbero salvaguardare alcuni importanti beni, quali la propria salute o un livello dignitoso di vita per gli altri membri della famiglia. Talvolta si temono per il nascituro condizioni di esistenza tali da far pensare che per lui sarebbe meglio non nascere. Tuttavia, queste e altre simili ragioni, per quanto gravi e drammatiche, non possono mai giustificare la soppressione deliberata di un essere umano innocente» (Enciclica Evangelium vitae, n. 58).

Quanto alla problematica di determinati trattamenti medici al fine di preservare la salute della madre occorre distinguere bene tra due fattispecie diverse: da una parte un intervento che direttamente provoca la morte del feto, chiamato talvolta in modo inappropriato aborto «terapeutico», che non può mai essere lecito in quanto è l'uccisione diretta di un essere umano innocente; dall'altra parte un intervento in sé non abortivo che può avere, come conseguenza collaterale, la morte del figlio: «Se, per esempio, la salvezza della vita della futura madre, indipendentemente dal suo stato di gravidanza, richiedesse urgentemente un atto chirurgico, o altra applicazione terapeutica, che avrebbe come conseguenza accessoria, in nessun modo voluta né intesa, ma inevitabile, la morte del feto, un tale atto non potrebbe più dirsi un diretto attentato alla vita innocente. In queste condizioni l'operazione può essere considerata lecita, come altri simili interventi medici, sempre che si tratti di un bene di alto valore, qual è la vita, e non sia possibile di rimandarla dopo la nascita del bambino, né di ricorrere ad altro efficace rimedio» (Pio XII, Discorso al «Fronte della Famiglia» e all'Associazione Famiglie numerose, 27 novembre 1951).

Quanto alla responsabilità degli operatori sanitari, occorre ricordare le parole di Papa Giovanni Paolo II: «La loro professione li vuole custodi e servitori della vita umana. Nel contesto culturale e sociale odierno, nel quale la scienza e l'arte medica rischiano di smarrire la loro nativa dimensione etica, essi possono essere talvolta fortemente tentati di trasformarsi in artefici di manipolazione della vita o addirittura in operatori di morte. Di fronte a tale tentazione la loro responsabilità è oggi enormemente accresciuta e trova la sua ispirazione più profonda e il suo sostegno più forte proprio nell'intrinseca e imprescindibile dimensione etica della professione sanitaria, come già riconosceva l'antico e sempre attuale giuramento di Ippocrate, secondo il quale ad ogni medico è chiesto di impegnarsi per il rispetto assoluto della vita umana e della sua sacralità» (Enciclica Evangelium vitae, n. 89).




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INTERVENTO DELLA SANTA SEDE ALL’ECOSOC 2009

Pubblichiamo di seguito l’intervento che l’Arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzioni Specializzate a Ginevra, ha pronunciato il 9 luglio scorso davanti al Segmento di Alto Livello del Consiglio Economico Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC):


INTERVENTO DI S.E. MONS. SILVANO M. TOMASI

Madame President,

1. The international community is struggling to find solutions to the financial and economic crisis that greed and lack of ethical responsibility have brought about. While analysts debate the causes of the crisis, the social consequences of new poverty, loss of jobs, malnutrition and stifled development, all impact the most vulnerable groups of people and therefore call for effective and prompt answers. The Delegation of the Holy See appreciates the fact that the focus of attention is directed in this High-Level Segment, in a most timely manner, on "Current global and national trends and their impact on social development, including public health." The global economic crisis continues unabated. It is exacerbated by the emergence of a previously unknown influenza virus, A-H1N1 already recognized at pandemic proportion with a future impact that cannot be projected with much certainty, and by the global food security crisis that endangers the lives of millions of people, particularly the world’s poorest, many of whom already suffer from acute and chronic malnutrition. These examples show once again the link between poverty and health and the disproportionate burden on developing countries and even on the poor in the developed ones. Faced with such urgent global challenges, the future is mortgaged in a way that young people risk to inherit a severely compromised economic system, a society without cohesion, and a planet damaged in its sustainability as a home for the whole human family.

2. The Holy See Delegation notes with deep concern predictions by the World Bank that during 2009, an additional 53 to 65 million people will be trapped in extreme poverty and that the number of people chronically hungry will exceed one billion, 800 million of whom live in rural areas where public health is weakest and where innovative health care initiatives are urgent. We can reasonably conclude that significant numbers of those extremely poor and hungry people will be more at risk of contracting both communicable and chronic, non-communicable diseases. Moreover, if they are faced with cutbacks in international aid or if there is an increased number of people seeking care, the already fragile public health systems in developing countries will not be able to respond adequately to the health needs of their most vulnerable citizens. In addressing this problem, even more than an expression of solidarity, it is a matter of justice to overcome the temptation to reduce public services for a short-term benefit against the long-term human cost. In the same line, aid for development should be maintained and even increased as a critical factor in renewing the economy and leading us out of the crisis.

Madame President,

3. Another key obstacle to achieving the internationally articulated goals in public health is to address the inequalities that exist both between countries and within countries, and between racial and ethnic groups. Tragically, women continue in many regions to receive poorer quality health care. This situation is well known to people and institutions working on the ground. The Catholic Church sponsors 5,378 hospitals, 18,088 health clinics, 15,448 homes for the elderly and disabled, and other health care programmes throughout the world, but especially in the most isolated and marginalized areas and among people who rarely enjoy access to health care provided under national, provincial or district level governmental health schemes. In this regard, special attention is given to Africa, where the Catholic Church has pledged to continue to stand alongside the poorest people in this continent in order to uphold the inherent dignity of all persons.

4. There is an increasing recognition that a plurality of actors, in the respect of the principle of subsidiarity, contribute to the implementation of the human right to primary health care. Among the civil society organizations assuring health care within various national systems, the programmes sponsored by the Catholic Church and other faith-based organizations stand out as key stakeholders. WHO officials have acknowledged that such organizations "provide a substantial portion of care in developing countries, often reaching vulnerable populations living under adverse conditions."1 However, despite their excellent and documented record in the field of HIV service delivery and primary health care, faith-based organizations do not receive an equitable share of the resources designated to support global, national and local health initiatives.

5. The mere quantitative tracking of aid flows and the multiplication of global health initiatives alone may not be sufficient to assure "Health for All". Access to primary health care and affordable life-saving drugs is vital to improving global health and fostering a shared globalized response to the basic needs of all. In an increasingly interdependent world, even sickness and viruses have no boundaries, and therefore, greater global cooperation becomes not only a practical necessity, but more importantly, an ethical imperative of solidarity. However, we must be guided by the best healthcare tradition that respects and promotes the right to life from conception until natural death for all regardless of race, disability, nationality, religion, sex and socio-economic status. Failure to place the promotion of life at the center of health care decisions results in a society in which an individual’s absolute right to basic health care and life would be limited by the ability to pay, by the perceived quality of life and other subjective decisions which sacrifice life and health in exchange for short-term social, economic and political advantage.

6. In conclusion, Madame President, the Holy See Delegation wishes to call attention to the need for more than financial solutions to the challenges posed by the economic crisis to global efforts aimed at assuring universal access to health care. In his new encyclical Pope Benedict XVI states:

Economic activity cannot solve all social problems through the simple application of commercial logic. This needs to be directed towards the pursuit of the common good, for which the political community in particular must also take responsibility.2

An ethical approach to development is needed which implies a new model of global development centered on the human person rather than profit, and inclusive of the needs and aspirations of the entire human family.

___________________________________________________

1 DeCock. Kevin (2007), "Faith-based organizations play a major role in HIV/AIDS care and treatment in sub-Saharan Africa", as quoted in press release by the World Health Organisation, 9 February 2007, Washington, D.C.

2 Benedict XVI, Encyclical letter Caritas in veritate, n. 36.

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